lunedì 2 marzo 2015

Dulcis in fundo

Stava camminando, Francesco, verso il solito ristorante dove aveva preso l'abitudine di cenare ogni giovedì. All'appuntamento settimanale andavano aggiunte tutte le volte che gli capitava di invitare qualcuno a cena. Forse perché troppo poco sicuro che le proprie abilità ai fornelli sarebbero state all'altezza di un qualsiasi ospite, preferiva affidarsi alla cucina di quel bonario perfezionista che era il proprietario, e ai consigli di Angelo, il cameriere, con il quale condivideva un'amicizia che durava dai tempi delle superiori. Il giovedì era il giorno in cui, ogni settimana, doveva allungare la strada del ritorno per passare a consegnare i soliti documenti firmati e controfirmati nella filiale che era stata aperta l'anno prima; questo significava una sessantina di chilometri in più, quel tanto che bastava per farlo arrivare a casa privo di qualsiasi voglia di mettersi a cucinare qualcosa. Se si aggiungeva poi che nella sede distaccata gli toccava puntualmente sorbirsi le inutili e tediose chiacchiere della segretaria, si può facilmente comprendere perché Francesco vedesse nella cena al ristorante una sorta di piccolo risarcimento danni.
Mentre si dirigeva, dunque, verso la proprio ricompensa settimanale, incrociò sotto i portici il signor Oreste, il proprietario del locale. Lo riconobbe appena, tanto camminava infagottato nel cappotto e nella sciarpa che aveva avvolto coprendosi quasi completamente il viso. Il passo deciso da soldato era però inconfondibile, e quando furono vicini fu Oreste il primo a salutare, fermandosi per spiegargli che se rincasava prima del solito era solo perché la febbre stava avendo la meglio su di lui (a giudicare dagli occhi, quegli occhi vagamente impenetrabili che non si staccavano mai dal volto di chi stava loro di fronte, avrà avuto per lo meno trentanove, forse di più), ma si raccomandava "di farsi portare il dolce che prendi di solito. Francesco, penso che qualcuno dei ragazzi in cucina abbia sbagliato qualche dose, qualche ingrediente, una proporzione, non lo so, ma... Credimi, non riusciremo mai più a fare una cosa del genere. Ho raccomandato ad Angelo di tenertene da parte una porzione, non deve succedere che tu te lo possa perdere".

E poi, a cena ultimata, accadde l'inspiegabile.
Francesco chiese ad Angelo quella che gli era stata preannunciata come una irripetibile meraviglia, ma con sua dolorosa sorpresa il cameriere si fece improvvisamente distaccato: "Questa sera non ce l'abbiamo. Ti posso portare qualsiasi altro dolce, ma oggi questo non siamo riusciti a farlo".
Non fu il tono categorico a far morire in gola a Francesco qualsiasi domanda. Avrebbe potuto raccontare ad Angelo l'incontro che aveva avuto con Oreste, dirgli che sapeva che il dolce non solo era stato preparato, ma che era stato anche messo da parte apposta per lui. Avrebbe voluto chiedergli il motivo di quel gelo, avrebbe saputo... Ma si fece solo portare il conto, e se ne andò a casa, a sfinirsi di musica.

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