martedì 3 marzo 2015

Pane, amore e burocrazia

R: ed io condividiamo, per ammissione comune, un pesante handicap: l'incapacità di gestire in modo ordinato e rintracciabile qualsiasi documento cartaceo che abbia anche lontanamente a che fare con la burocrazia, dalle ricevute delle bollette agli esami medici, passando per le carte della revisione della macchina, quelle della banca e per... Insomma, qualsiasi cosa.
L'altro giorno ragionavamo sul fatto che probabilmente finiremo sotto un ponte perché tra una ventina d'anni un diligente funzionario statale ci verrà a chiedere se nel 2004 avevamo pagato quella risibile imposta allora ammontante a euro 12, e noi ci chiederemo di cosa starà parlando, e nel frattempo il Paese tutto intorno a noi si affaccerà dalle finestre sventolando con fare saccente le ricevute diligentemente conservate nel faldone blu sullo scaffale a destra, mentre noi due ci ritroveremo con tanti di quegli interessi e more maturati nel corso dei decenni che ci verranno pignorati la casa, l'auto, il diritto di cittadinanza e il conto in banca.

Perdo carteÈ frustrante. Voglio dire, non sono una persona particolarmente stupida, so completare un Bartezzaghi in relativa scioltezza e fare un sacco di altre cose degne di un essere umano mediamente dotato, eppure con ciò che riguarda la documentazione cartacea di un qualcosa a caso è come se una bordata di totale stupidità mi si scaraventasse addosso, e rimango segretamente convinta che Colei che ormai da qualche anno riesce ad occuparsi, nonostante me, della mia dichiarazione dei redditi possa essere considerata a pieno titolo in odore di santità.

Eppure basterebbe così poco, alcuni faldoni colorati, uno per i documenti relativi al lavoro, uno per le ricevute mediche, ... E lo so, lo so, sarebbe una tecnica efficacissima, nella sua semplicità, ed è quella che avevo adottato dopo il primo trasloco. Proposito e tecnica andati ahimè perduti dopo il trasloco successivo, quando nello spostare e riorganizzare masserizie e suppellettili ho ben pensato di unire tutte le cartelle in un unico raccoglitore, che si è in seguito rivelato completamente inutile. O meglio, la buona volontà c'era, solo che l'utilità risultante era paragonabile a quella di certe prove di evacuazione che si facevano al liceo, fatte per testare la capacità di gestire l'imprevisto, ma in realtà organizzate nei minimi dettagli "suoneremo la campanella di allarme alle 10.40, così poi state direttamente in cortile per la ricreazione". Gente che si attardava per recuperare i cracker con cui uscire, per evitare la noia di dover rientrare in aula a prenderli, professori che trattenevano classi intere perché tanto è solo la simulazione, scene senza senso, e in quanto tali adorabili.
Ma tornando alla frustrazione del mio perdere costantemente i pezzi... L'ultima volta in cui ho creduto di aver perso un documento (non dico cos'era per salvaguardare quel minimo di dignità a cui mi aggrappo ostinatamente) è stato venerdì scorso, e attendo con rassegnazione la prossima volta, come se nulla potessi contro l'entropia che tanto si accanisce con le mie scartoffie.
La breve antologia imprecatoria che in genere accompagna questi momenti può essere appesantita da un'ulteriore circostanza aggravante, che consiste nel perdere il documento in questione a casa dei miei genitori. Con tempi di reazione degni di un centometrista, mia madre fa il proprio ingresso a gamba tesa con la domanda di rito: "Hai perso qualcosa?"
Sì, santo cielo, sì, sì, ho perso qualcosa, sennò perché continuerei ad aprire e chiudere cassetti in modo compulsivo?
Ovviamente questa non è la risposta che esce dalle mie labbra. La tecnica che adotto in genere prevede invece un nebuloso "Bah, sì, più o meno", evidentemente volto a guadagnare tempo. Come se una cosa la si potesse perdere più o meno.
Con spietata puntualità, arriva la solita sconsolata constatazione materna: "E pensare che da piccola eri così ordinata..." Sì, da piccola ero così ordinata, però da piccola non dovevo compilare il 730, né pagare l'assicurazione dell'auto, né tenere le ricevute della farmacia o...
Errore. Inspirare. Espirare. Cambiare tattica. Impianto di fonazione chiama circuiti cerebrali, stiamo interagendo con esemplare materno, urge l'adozione di un avvilito tono di autocommiserazione: "Sì, beh, accidenti, certo che aver cambiato casa tre volte in un anno non mi aiuta..." Perfetto, ha funzionato. Non è stato nemmeno necessario aggiungere in coda un "povera me!", bloccato sul nascere dal mio dannato senso del pudore.
Arrivati a questo punto in genere mia madre, come peraltro fa la madre di R:, comincia a snocciolare tutta una serie di improbabili anfratti in cui dovrei senz'altro cercare, dalla libreria in camera da letto a sopra il frigorifero (luogo magico in cui si nascondono chiavi, monetine, accendini e, toh!, cosa ci fa qua la fotocopia della patente?) a, chi può dire?, il vaso dei biscotti.

Mentre scrivo è rientrata R:. Ha perso dieci euro.
Ci salvi chi può

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