martedì 10 marzo 2015

Il mio amico George (12)

"Ti ricordi l'ultima volta che abbiamo visto il mare?", mi ha chiesto George stasera, davanti a una birra imprevista.
Se me ne ricordo!, pensavo che qualcosa di cui non mi ero resa conto gli avesse fatto prendere un colpo, era immobile da un pezzo, e invece era solo che stava pensando a...
"...come potrei mai descriverlo?, è questo il pensiero che mi blocca, come fai a spiegare cos'è la pasta a qualcuno che non sa nemmeno cosa sia la farina?"
Ho dovuto ammettere che non lo stavo seguendo, non capivo a chi e perché dovesse descrivere cosa.
"Oh, è semplice, è estremamente semplice, basta che provi a riflettere su quale sia la differenza tra un poeta, o insomma tra uno che sa usare le parole, e uno che non ne sia in grado, hai presente quei patetici tentativi da parte di dilettanti che ti fanno solo pensare Amico mio, è meglio se parli come mangi? Vorrei avere questo, vorrei saper trasformare il pensiero in sentimento e il sentimento in pensiero, senza scivolare nel ridicolmente penoso, ma non saprei da che parte iniziare".
Forse cominciavo a capirlo, o almeno così credevo. Solo non vedevo cosa c'entrassero il mare e la farina.
"Credimi, è semplice, lo è davvero. Me ne parlasti tu, anni fa, citando il prodigio austriaco: "Non so scrivere in modo poetico: non sono un poeta. Non so distribuire le frasi con tanta arte da far loro gettare ombra e luce: non sono un pittore". E poi continuava, lui. "Non so nemmeno esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono un ballerino". Fin qui potremmo dirlo anche tu e io, no? Nè tu né io siamo pittori, poeti o ballerini. Il finale però ci allontana. "Ma posso farlo con i suoni: sono un musicista".
Noi no, io no. E in verità non è poi tanto un problema di descrivere il mare, o il brusio dell'aria al crepuscolo, o il via vai di volti, piuttosto il nodo è in come descrivere... In come scegliere le parole senza poi pensarne Mio dio, cos'è questo orrore!, capisci ora? Trovare la valvola, senza avere quella sensazione di montagne russe che salgono, salgono, salgono, e più salgono e più ti aspetti una discesa paurosa, e vorresti che la salita non finisse più perché ormai è troppo tardi per affrontare la discesa, fa troppa paura, ma continuare a salire è da folli".
Sì, adesso avevo capito. Riesce sempre a spiegarsi, George.

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