giovedì 20 dicembre 2012

Private (5)

Non aveva il coraggio di farlo, il commesso era stato così sinceramente, o almeno così le era parso, lusinghiero nel riconoscere che quell'abito le stava davvero molto bene, eppure lei sapeva che non era per lei, che avrebbe anche potuto comprarlo, farselo impacchettare e portarselo a casa, dove l'avrebbe senz'altro scartato, mostrato al marito che, al solito, l'avrebbe accolto con partecipe indifferenza, avrebbe poi potuto sistemarlo sulla gruccia e metterlo in bell'ordine dentro al proprio guardaroba, peraltro ultimamente un po' sguarnito, doveva ammetterlo, eppure poi non l'avrebbe mai indossato, né per un'uscita informale né tanto meno per un'occasione importante, e se anche si fosse, con notevole forza di volontà, decisa a infilarselo e a mostrarsi in giro così abbigliata, l'avrebbe fatto pagando il caro, inestimabile prezzo della totale sensazione di disagio e inadeguatezza. Eppure non aveva il coraggio di ammettere di fronte al commesso che quell'abito non l'avrebbe comprato semplicemente perché non era per lei, e così, chiusa nel camerino della boutique dove stava cercando di toglierselo di dosso il più velocemente possibile, provava a pensare a quali altre motivazioni avrebbe potuto addurre per giustificare il mancato acquisto. Certo, bello era bello. Era oggettivamente bello, era esteticamente ineccepibile, garbatamente appariscente, senza scadere nel volgare. Questo non l'aiutava, doveva sforzarsi per individuare qualcosa di evidentemente brutto e spiacevole. Il prezzo, certo, non era per nulla economico, ma questo non era mai stato un problema o, per meglio dire, non era mai stato un suo problema, cosa di cui era a conoscenza tanto lei quanto il commesso, quindi non valeva la pena nemmeno di iniziare a batterlo, questo sentiero. E intanto si rammaricava per l'acquisto non ancora compiuto ma che inevitabilmente sarebbe stato fatto di lì a breve. Pensava a chi altri avrebbe potuto godersi quel capo, unico, perché di un capo unico si trattava, se lei avesse avuto il coraggio di ammettere che non era adatto a lei e lasciarlo nell'attaccapanni dove l'aveva trovato.

mercoledì 19 dicembre 2012

Un investigatore che ci deduca l'anima, s'il vous plait.

Puntuale puntualissima, anche quest'anno ho assistito alla scena che negli ultimi anni non si è mai fatta attendere in casa mia. Devo riconoscere che Lamarta cominciava a essere in pensiero, secondo lei si stava un po' tirando per le lunghe, e invece ora ha avuto modo di tranquillizzarsi. Meno male.
Come ebbi a scrivere in un post di circa, appunto, un anno fa, sotto le feste la frase che ritorna tra le quattro mura dove abito non è tanto: "Panettone o pandoro?", quanto piuttosto: "Non mi sembra neanche che sia Natale, quest'anno". A dirla, ovviamente (no, ovviamente un corno, ma per chi avesse letto il post dell'anno scorso l'ovviamente ci può anche stare), è mia mamma. Epperò questa volta, ossia due giorni fa, le ho risposto chiedendole se fosse cosciente del fatto di averlo detto per ogni Natale di cui io abbia memoria. La risposta è stato uno stupito anzichenò "Davvero?". Al suo è seguito il mio, di stupore. Possibile che davvero non fosse consapevole di questo suo leitmotiv invernale? Sì, possibile. Improbabile, incredibile, inimmaginabile, ma possibile.
Quindi ho tentato l'affondo, chiedendole cosa si aspetta dal natale per sentire che è Natale. La risposta questa volta si è fatta un po' attendere. Io nel frattempo cercavo di apparire il meno inquisitoria possibile, ma confesso che la questione mi incuriosiva non poco, stavo creandomi delle aspettative, cosa sbagliata nel 97% dei casi (benché tutti sappiamo che il 78% delle statistiche sono completamente infondate). Perché sbagliata, in questo caso? Perché il dialogo è continuato in questo modo:

- Mah... Si pensava al pranzo, a organizzarlo, a...
- Mamma? Oggi è il 17!
- Ah. Vero. Mah, allora non so.

Niente, non ne ho cavato nulla. Tengo a specificare che nella mia famiglia non c'è mai stata la corsa all'organizzazione di pranzi e cene, figuriamoci con una settimana di anticipo (da cui il mio sbigottimento pensando all'intervallo relativamente enorme che passa tra il 17 e il 25 dicembre).
E quel che è peggio è che ho come l'impressione che da qui a un anno sarò ancora qua che mi chiedo perché mia mamma si aspetti qualcosa che non so cosa sia, che non sa cosa sia, che non si verifica e di cui però lei sente la mancanza.

domenica 9 dicembre 2012

Messa male

A beneficio di coloro i quali non ne fossero a conoscenza, la domenica ciascuna delle parrocchie di una città può autogestirsi negli orari in cui fare la messa, che in genere coprono sia la mattina che il pomeriggio. Ciò comporta che, per esempio, dove vivo io le campane complessive suonino con una frequenza decisamente alta. A mio parere talmente alta che si potrebbe discuterne, ma transeat. Sempre a beneficio di coloro eccetera eccetera, ciascun parroco di ciascuna parrocchia può decidere di celebrare anche una o più messe prefestive durante il pomeriggio del giorno precedente alla festa, quindi al sabato pomeriggio, se stiamo parlando di ordinari giorni festivi domenicali.
E qui si conclude l'antefatto. Veniamo ai personaggi. Al personaggio, perché in realtà è uno solo: mia mamma. Va detto che mia mamma è una persona molto religiosa, molto pia, molto devota, molto superstiziosa, molto paurosa, molto ingenua, molto fiduciosa, e infine discretamente bigotta. Ma lei dice di no.
Bene, anche la descrizione dei personaggi può considerarsi esaurita.
I più attenti tra di noi si saranno accorti, anche solo gettando un'occhiata vagamente distratta al calendario, che il mese di dicembre è popolato in maniera anomala di giorni rossi. Bene, ciascuno di quei giorni rossi prevederebbe che una persona molto religiosa, molto pia, molto eccetera partecipasse alla messa. A quelli ancora più attenti tra di noi non sarà sfuggito che spesso i giorni rossi sono consecutivi. Succede. Quest'anno, per esempio, è successo: l'8 dicembre (giorno rosso in quanto 8 dicembre) cade di sabato, il 9 dicembre (giorno rosso in quanto domenica) cade, per l'appunto, di domenica. E in questa caduta corale, casca anche l'asino: la messa del pomeriggio dell'8 dicembre vale come messa per l'8 dicembre o come prefestiva per il 9? Senza scherzi, questa è la domanda che mi son sentita rivolgere da mia mamma. Ammetto che la mia prima, seppur fugace, reazione è stata di quasi totale disorientamento, da un lato per la domanda in sé, dall'altro perché non capivo per quale misteriosa ragione la stesse rivolgendo a me. Ma stavo sbagliando, non la stava rivolgendo a me: come altre volte ho avuto modo di osservare, mia mamma spesso formula domande ad alta voce che solo apparentemente coinvolgono gli astanti; perlopiù si tratta di flussi di coscienza a voce alta, di ragionamenti che lei sta facendo per conto proprio. In realtà osservando la gente mi son resa conto che questo comportamento è più diffuso di quel che potessi immaginare. Quindi se qualcuno dovesse porre una domanda di questo tipo, la risposta consigliata potrebbe essere un: "Ma ti pare che ne possa avere la più pallida idea?" (trattasi della risposta da me frettolosamente adottata), ma potrebbe essere anche un dignitoso silenzio, infatti la mia risposta è stata bellamente ignorata e travolta dal successivo, angustiato pensiero di mia mamma, secondo la quale dovrebbero essere più chiari in questi casi: io ieri sera sono andata a messa, ma sono andata per quella dell'8 o per quella del 9? Mica ci possono prendere in giro così.
E giusto perché tanto non mi stava ascoltando, mi sono concessa un Beh, sai, in duemila anni hanno accumulato un po' di esperienza.