mercoledì 25 giugno 2014

The best slow dancer in the universe

Venni sorpresa mentre stavo apparentemente contando i pesci rossi in una fontana dall'acqua insolitamente limpida. Dubitando che il mio interesse fosse rivolto agli innocui pescetti, mi chiesero cosa stessi facendo.
"Che tempismo impeccabile, desideravo tanto che me lo chiedeste! Cosa sto facendo... Era da molto che qualcuno non mi rivolgeva questa domanda, probabilmente da quando mia madre entrava nella mia camera da letto preoccupata per il troppo silenzio evidentemente minaccioso. Ma avevo dieci anni. Cosa sto facendo adesso... Sto cercando di conoscerlo, il mio volto. Lo sto squadrando con attenzione. Se vi dicessi che penso che quel volto riflesso nell'acqua sia il mio mi ridereste in faccia, vero? Chiunque mi guarderebbe con il fastidio con cui si accolgono le osservazioni troppo ovvie. Ma aspettate, io intendo dire un'altra cosa. Non voglio dire che il mio volto sia quello che sento quando mi tocco una guancia con la mano, e che quello che vedo nell'acqua sia il mio riflesso. Quello che intendo davvero è che io sono quel riflesso.
Voi...Vi ho visti guardarvi nella vasca della fontana... Voi mi capite, vero?"

mercoledì 11 giugno 2014

Un congegno che si spegne da sé

Decise, quindi, nonostante le resistenze opposte, di buttare l'euforbia. Non che fosse già morta, a dire il vero, ma da giorni era così giallognola e rachitica da non lasciar presagire alcunché di buono. Era dunque il caso di farla sparire, e alla svelta, altrimenti che figura avrebbe fatto? Probabilmente, chissà, la cosa sarebbe stata talmente paradossale che nessuno avrebbe potuto concludere che la responsabilità fosse sua; magari chiunque avesse visto nella sua casa una pianta così asfittica avrebbe pensato che fosse stata portata lì il giorno prima da qualche conoscente il cui pollice era privo della benché minima sfumatura di verde. Invece no, era proprio sua. L'aveva comprata un paio di mesi prima per darsi un'altra possibilità. D'altronde era così in gamba nel dare consigli peraltro sempre estremamente appropriati a chiunque avesse problemi con una pianta: bulbose, alberi da frutto, rizomatose, piante d'appartamento, grasse, perenni, stagionali... E poi batteri, funghi, insetti infestanti, virus... Per qualsiasi dubbio aveva la risposta, come se per scienza infusa (o forse nascondeva anni di botanica studiata segretamente?) il suo cervello fosse stato equipaggiato di quelle conoscenze che gli avevano permesso, col tempo, di diventare quella sorta di oracolo della floricoltura che si ritrovava ad essere.
Però l'euforbia, due mesi fa così rigogliosa, ora era talmente patita, talmente striminzita... L'avrebbe buttata, senza troppe remore. Alla peggio, l'unica a rimanerci un po' male sarebbe stata proprio lei: la pianta.

mercoledì 4 giugno 2014

Arrivo e scomparsa

Sentiva che era una serata in cui tutto sarebbe potuto succedere. Per lo meno fuori dal proprio appartamento sarebbero potute accadere le cose più straordinarie e impensabili, sì, straordinarie e impensabili. Dentro, invece, la probabilità che più di tutte rasentava l'unità era che lui rimanesse lì ad attendere l'arrivo, peraltro puntualissimo, quasi a voler togliere ulteriormente l'imprevedibilità all'intera situazione, l'arrivo dei soliti volti sfocati, ai quali avrebbe come sempre detto vi ho cercati ovunque, o ti ho cercato ovunque, ma dai quali si sarebbe come sempre sentito rispondere siamo venuti per scomparire, o sono venuto per scomparire.
Perché, per quanto si sforzasse di chiudere gli occhi e di rievocare i profili, i tratti, le espressioni che potevano aiutarlo a ricrearli in modo quasi tangibile, inevitabilmente col tempo quei volti diventavano via via sempre meno definiti, sempre più sfumati, e quello che gli rimaneva era il ricordo delle situazioni, dei dialoghi, dei gesti, ma lui li desiderava così tanto!, vederli, averli con sé, e non solo per l'istante che ne precedeva la scomparsa.

martedì 3 giugno 2014

Il mio amico George (7)

L'argomento musica non è il più gettonato, tra George e me. Non c'è un motivo particolare, credo che la ragione per cui ne parliamo con frequenza insolitamente bassa sia solo legata al caso. Ad ogni modo, ieri George ha tirato in ballo un album che gli avevo consigliato qualche tempo fa. Non avrebbe senso che ora mi mettessi a riportare i pareri e le emozioni che mi ha descritto, e non sarebbe nemmeno questo il senso del post.
Si è soffermato, tuttavia, su un pensiero che gli gironzolava in testa in modo più fastidioso di altri: "L'ho ascoltato parecchie volte, eppure mi fanno sempre, sempre, amaramente sorridere quei pochi versi, hai presente?, quelli che dicono Mi dici che ti emoziona il tramonto ed io ti chiedo se ce l'hai per caso in tasca un chewingum. E non serve che sia io a ricordarti il tono spensierato e leggero con cui sono cantati. Mi fanno sorridere ma, mio dio!, che amarezza. Sarà che rendono in modo terribilmente cinico ciò che succede così spesso con tutti coloro con cui... Sai no?, quelli che quando ti scrivono ti fanno scattare immediatamente la modalità no dai, non adesso, ma poi a pensarci ti rendi conto che quell'adesso è ipocrisia pura, perché in realtà non ti andrebbe bene neanche se fosse prima o dopo o domani o...".
Non riusciva a stare seduto serenamente, mentre cercava di spiegarsi. E io la conosco bene una delle paure più viscerali di George, e la conosco così bene perché è anche mia, e lui lo sa, di sé, di me, ma nessuno dei due saprebbe sbilanciarsi a dire se anche altri la condividano: George ed io abbiamo paura di essere noi l'oggetto del No, dai, non adesso.