mercoledì 12 marzo 2014

In bocca al loop

Alcuni anni fa mi trovai, in compagnia di Cinque, a partecipare a un congresso sulle tecniche di elaborazione di immagini mediche. Non sarebbe stato il primo ma, in compagnia di Cinque, sarebbe stato l'ultimo. Ad ogni modo, pochi tra i tizi che intervenivano presentavano effettivamente cose nuove. I più applicavano metodi già noti su malattie già note, ma magari mescolando un po' le carte. La maggior parte, quindi, seguiva grosso modo lo stesso copione: descrizione della malattia studiata, descrizione del tipo di immagini acquisite, descrizione dell'approccio matematico usato, risultati, statistiche, grazie per l'attenzione, applausi. Il particolare che ci colpì entrambi fu, lo ricordo bene, l'incipit comune a tutti, che era qualcosa del tipo: "La malattia è la numero ordinale causa di morte in continente". Per esempio, l'aneurisma aortico è la decima causa di morte in America, e ci tengo a precisare che ho scritto una cosa completamente a caso.
Bene, questo dunque era il trampolino di lancio comune, la giustificazione di qualsiasi lavoro venisse presentato. Quindi, pensammo, stiamo giocando alla top ten, chi sale e chi scende, con possibilmente qualche new entry ogni tanto. Perché appena si trova il modo per diagnosticare prima il gomito del tennista, e questo mi passa dal 24° al 32° posto, chissà che altra piaga ha scalato posizioni andando a occupare il 24° posto vacante. Un tetris un po' macabro, invece di caselle si spostino cause di morte, per quel fine che, e qui è l'incaglio, quale fine? Domanda senza risposta, lasciata ammuffire in qualche anfratto della mia memoria. Fino a che, pochi giorni fa, un libro di Pirsig mi ha fatto intendere che è tutto estremamente semplice: lo scopo è il vivere più a lungo, ma se chiedessi lo scopo del vivere più a lungo, beh, lo scopo è solo questo: vivere più a lungo per poter vivere più a lungo.
Grazie per l'attenzione, applausi, sipario.

giovedì 6 marzo 2014

Il mio amico George (5)

Mi trovavo, giorni fa, a fare un viaggio in compagnia di George. Essere in due, se uno dei due è uno come George, non è male: qualcosa di cui parlare o, in alternativa, qualcosa di cui stare in silenzio lo si trova. Solo che quando è stanco, bontà sua, George si addormenta, e lo fa su qualsiasi supporto esterno si trovi a essere appoggiato, sia esso un comodo letto ergonomico o un sedile troppo stretto per le sue gambe lunghe.
Lui stava, per l'appunto, sonnecchiando, (s)comodamente appollaiato sul sedile a fianco al mio. Durante certi viaggi in treno, il tempo non passa mai. Passa, un poco, lo spazio. Questa discrepanza mi indusse a pensare che all'Albert fosse sfuggita qualche briciola del suo ragionamento. Appena George si svegliò, lo resi partecipe del mio dubbio. "Mah, e perché mai sei contrariata dal fatto che il tempo non passi mai? Hai fretta di farlo finire prima? Su, su, lo sai a cosa mi fai pensare? A una tizia che un giorno andò da mia madre per farsi confezionare un abito di lana. (La madre di George faceva la sarta, n.d.a.) Niente di strano, dirai. Già. Se non fosse che quell'abito le serviva per l'estate, o meglio, per usare le parole che adoperò lei, per i giorni più caldi. Un bell'abito bianco a maniche lunghe di pura lana. Ma no, non era mica suonata, no, no. Solo che aveva letto da qualche parte che la lana è un ottimo isolante. Quindi lei aveva deciso che con quell'abito non avrebbe mai potuto sentire e soffrire il caldo estivo, esatto, brava, un po' come Totò e Peppino a Milano. Ma sì, ovvio che mia madre provò a farla ragionare, all'inizio con il tatto del caso, poi sempre con maggior trasporto, la conosci mia madre. Pensa che è una storia che ci racconta ancora adesso, anzi, che a intervalli regolari salta fuori. Sì, a questo punto è la domanda che si fanno tutti: certo che glielo confezionò, l'abito folle. In fondo, così pensava, posso fingere a me stessa che mi sia stato richiesto per il prossimo inverno. Quel che ne farà poi lei non mi riguarda, può anche, così pensava, spolverarci i mobili. Ma figurati se la pensava veramente, 'sta storia dei mobili! Era solo un ridicolo paravento di pretesa e superiore indifferenza, non voleva immaginarsi quella donna che sudava come un cavallo dentro il suo bell'abito. Ma già solo il fatto che di questa storia ne parli ancora ti fa capire se e quanto ci fosse rimasta male".
D'altronde la madre di George era solo il braccio, non la mente. Stavo riflettendoci con un filo di amarezza, quando mi resi conto che tutto questo non c'entrava nulla con il mio problema del tempo. "Ah, dici perché mi è venuto in mente questo aneddoto quando mi hai parlato del passare delle ore? Perché mentre parlavi pensavo che ti sta bene, il maglione che hai oggi".