domenica 26 febbraio 2017

Verso casa

L'ordinata teoria di luci gemelle, rosse, di cui non vedeva la fine, li conduceva senza possibilità di errore verso casa.
Dove stai andando?
A casa.

Nella mente, negli occhi, nelle mani, l'espressione di chi stia dirigendosi ineluttabilmente a un appuntamento, con l'inconfessata speranza di arrivare con un ritardo indefinito.
Verso casa.


giovedì 23 febbraio 2017

Private (6)

Sfumata, la catastrofe, e sottile,
e sorride se ascolta racconti che
sfondano il cuore e il fiato, la gola, ma
sa di dover
sorridere ridere e sorridere e

staccarsi

e pensare ai luoghi che non sono
alle assenze presenti
a placare
lo spavento e la speranza.

mercoledì 15 febbraio 2017

15 febbraio

LaMarta mi dice che dovrei lasciarti andare. Mi dice che dovrei imparare a lasciare andare, e capisco che parla anche di te.
Non sa, non può sapere, che è già successo. Con te è già successo, anche se non so come sia avvenuto.
Solo dalla mia memoria sgangherata ogni tanto se ne esce fuori un ricordo. Malmesso, però. E zoppicante.
Non morde più.




domenica 12 febbraio 2017

Prima della pioggia

La misura della presenza è l'assenza.
Per assenza non si intenda la mancanza di qualcosa, quanto piuttosto la privazione di quella stessa cosa, che si tenterà inutilmente di cercare in un altrove che vada al di là del conforto.

A me piace la pioggia prima che cada.
- J.C. -



mercoledì 8 febbraio 2017

Piccole ore

Ciascun giorno sa essere dissimile da tutti gli altri.
Le notti, invece, se la mente si rifiuta di cedere il passo al sonno, lasciando che una boccata d'aria fresca tranquillizzi i pensieri, le notti diventano uno stesso copione ripetuto, in cui si impara ad avvertire ogni istante, a essere soli ad esistere, a decidere di consegnarsi al destino.

Le più silenziose, tra le ore notturne, sono quelle tra le due e le quattro.
Poi cominciano i primi rumori, le macchine per la pulizia delle strade e dei marciapiedi, si muovono talmente solitarie che si possono sentire quando sono ancora lontane, e un po' alla volta il rumore cresce, cresce, si avvicina, cresce, pare di vederlo, cresce, è qualcosa di inevitabile, e schiacciante, ma proprio quando sembra di non poterne più, solo allora si allontana, inoffensivo.
E un po' alla volta si aggiungono alla sinfonia gli addetti alla raccolta differenziata. E le prime auto. Verso le sei, rumori di persiane alzate, ma per cosa poi?, tanto fuori è ancora buio pesto.

Scrivo silenzi.


lunedì 6 febbraio 2017

Senza averne titolo

"Una sera," mi disse, "rincasando, la trovai seduta sul divano, la testa appoggiata di lato, e il viso in un'espressione che non sapevo interpretare: sembrava sorridere, ma dalle palpebre scendevano dei rivoli silenziosi.
"La sua ostinazione," continuò, "la durezza che manifestava con chiunque, quella fermezza sfumavano fino a dissolversi quando era con me, per lasciare il posto a... non saprei dirtelo meglio, sembrava impaurita dal mondo.
"Una volta, ricordi?, mi dicesti che forse sono io a fare un effetto del genere alla gente, ma non credo fosse questo il caso. Piuttosto, credo che con me lasciasse trasparire la propria vera natura: io, sai, io credo che non si piacesse, sì, credo che non si piacesse, e che essere lasciata sola, in compagnia di sé stessa, fosse la cosa che temeva di più.
"Non le chiesi nulla, le porsi un bicchiere d'acqua, e un fazzoletto imbarazzato, ma solo un poco. Mi spiegò, e in quel momento capii che davvero sorrideva, che aveva solo avuto bisogno di posare la testa su qualcosa che la tranquillizzasse, che era un gesto piccolo, sì, ma consolatorio. Rassicurante fu il termine che usò. L'aveva posata sul divano, perché era rassicurante".


mercoledì 1 febbraio 2017

Il motivo della visita

La luce, soffusa. Il tappeto dai colori sobri, caldi. L'odore di fumo, nell'aria, a lasciarsi immediatamente percepire.
Il primo respiro che si fosse fatto dopo aver varcato quella soglia avrebbe involontariamente distinto storie di sigarette trascorse, consumate, ma ben decise a non lasciarsi dimenticare, a non farsi sostituire nei ricordi dalla fragranza di un prevedibile profumatore. E la voce di lei, accidentalmente roca, tradiva pure quell'abitudine al tabacco.
La poltrona da cui ormai per abitudine si lasciava avvolgere sembrava offrire un rifugio sicuro nel quale rintanarsi e dimenticare il motivo della visita. Ma il motivo, paradossalmente, era proprio quello di non dimenticare, di raccogliere ricordi e vissuti. Perché è pericoloso costruire una teoria prima di aver raccolto abbastanza dati: senza accorgersene si rischia di travisare e storpiare i fatti in modo da adattarli alla teoria stessa, piuttosto che il giusto contrario.