lunedì 30 luglio 2012

Constatazione di sinistro

Ventitré, se la memoria non mi tradisce. Ma dato che sta prendendo la spiacevole abitudine di perpetrarlo di frequente, il tradimento nei miei confronti, potrei azzardare anche un venticinque. Mi riferisco alla conta delle persone alle quali mi è capitato di dare, in modo più o meno saltuario, qualche lezione di matematica. Dalle medie all'università comprese, il campionario è abbastanza vasto: ragazzi e ragazze, timidi e arroganti, svogliati e menefreghisti ma a volte anche svegli e interessati, a volte disperatamente ignoranti, a volte fieri di esserlo. Solo una cosa accomunava tutti, a parte l'iniziale ritrosia per la materia: erano tutti destrimani. Nemmeno un mancino. Zero.
Ne sono sicura? In fondo da dodici anni a questa parte potrei sbagliarmi, me ne rendo conto. Eppure sono ben certa che nessuno di loro scriveva con la sinistra. Siamo un po' fuori dalle statistiche: se è vero che il dieci per cento circa della popolazione è mancina, dovrei aver avuto per lo meno due esemplari e mezzo di questa minoranza. Sono disposta all'arrotondamento, mi sta bene anche un due e rinuncio al mezzo, ma anche in questo modo non ci siamo.
Bene, veniamo alle conclusioni che non si possono trarre da tutto ciò.
  • I mancini sono più svegli in matematica. Sbagliato, il campione resta comunque troppo basso.
  • I mancini sono più svegli in matematica. Sbagliato, magari sono solo più indifferenti all'abbonamento al quattro sul registro.
  • I mancini sono più svegli in matematica. Sbagliato, il campione è geograficamente troppo ristretto. Dato che in parte il mancinismo ha pure basi genetiche, potrei pensare che nel contesto geografico dove vivo la minoranza sia ancora più ristretta. Dopotutto dieci per cento è una media fatta su chissà che campione. Magari qui da me sono il tre per cento, o il due, o il settantasette, e io ho beccato gli altri ventitré.
Ovviamente ci sono anche delle conclusioni alle quali è invece lecito pensare.
  • Si tratta di un semplice caso. Ventitré (venticinque?, ventotto?) persone, tutte destrimane. Beh, succede, non c'è di che stupirsi. La settimana scorsa stavo facendo la spesa, arrivo in cassa e il conto risulta essere di 26,00 euro, tondo, senza l'ombra di un centesimo. La cassiera si sorprende e mi rivela tutta la propria meraviglia. Io avrei voluto risponderle che non c'era proprio niente di cui stupirsi, si tratta di mera probabilità, come se al lotto uscisse la combinaz...

    Cassiera: La fa la raccolta dei punti?
    Io: ...
    Ma ormai mi ero guadagnata la sua simpatia, con quel 26,00 che non s'era mai visto prima.
  • E' stata comunque una fortuna, dato che mi sarei continuamente distratta. Mi piace osservare i mancini mentre scrivono, e contemporaneamente perdo ogni interesse per il cosa stiano scrivendo. Ossia, se mi si chiede di prestarvi attenzione, posso dedicarmi anche al contenuto, ma di base è il modo ad attrarre il mio interesse. E la cosa non avrebbe portato ad alcunché di buono.

    X: Non riesco a risolvere questo limite...
    Io: Ok, prendi un foglio e scrivi cento volte: Non riesco a risolvere questo limite.
    X: Ma è solo che non so fattorizzare...
    Io: Cento volte, scrivi.
    X: ...il denomin...
    Io: Adesso.
Ma ho scoperto che in agosto esiste la giornata mondiale dei mancini, e che in giro nella rete ci sono siti fatti da mancini che raggruppano mancini, e dentro ci sono blog nei quali i mancini possono scrivere le proprie esperienze di mancini, e quindi mi sono voluta intrufolare da profana in questo mondo sinistro. E ho scoperto che c'è gente che si dichiara orgogliosa di essere mancina. Orgogliosa? Sì, orgogliosa. L'ho riletto, non ci credevo, ma l'aggettivo era proprio orgogliosa. Boh. Mi chiedo quale sia il motivo. La soddisfazione di far parte di una minoranza? Sai che gioia. Io ho i capelli rossi, ma non sono orgogliosa di averli. Sono contenta che siano rossi perché mi piacciono, ma non è che ne sia orgogliosa. Voglio dire, perché dovrei andar fiera di una cosa che non è dipesa da me?
E poi ho pensato che se fossi stata rossa e mancina qualche manciata di centinaia di anni fa, beh, forse sarei qui a raccontarlo. 

domenica 29 luglio 2012

Storie di sottofondo - istruzioni

Si prenda un momento in cui sia percepibile un inizio o una fine, banalmente un'alba o un tramonto, preferibilmente silenziosi, e si pensi involontariamente che a qualcosa di nuovo vengono ora date delle opportunità, o che questo stesso qualcosa le ha avute, le opportunità, un tempo.
Si accompagni il raccomandabile silenzio con una musica adatta, ma al contempo involontaria, sufficientemente non impegnativa e sufficientemente al di sopra di ogni sospetto. Una Mothers of the night di Moby andrebbe già bene, ma è solo un esempio.
Si eviti la presenza di persone e telefoni. Al bisogno, si versino tutte le lacrime che la situazione richiede. Sono concessi i singhiozzi.
Fatto ciò ci si procuri un bagno e si proceda con abbondante acqua fredda sul viso.
Infine si esca a bere uno spritz con un numero di persone se possibile compreso tra il quattro e il nove. Se più di nove si presti attenzione al rischio di distrarsi e ragionare per conto proprio. Se meno di quattro si ponga prudenza a non cadere nella tentazione di parlare di quanto successo prima, sarebbe un errore madornale, specie dopo tanto impegno.
Sarebbe come preparare in modo magistrale un perfetto soufflé, e poi aprire il forno mentre lo si cucina.

lunedì 23 luglio 2012

La linea gialla

Nella mia personale classifica della sgradevolezza, un posto di sicuro riguardo è occupato da quelle situazioni in cui una persona semisconosciuta cerca di intrattenermi nella convinzione di volermi spiegare una cosa che a me dovrebbe interessare particolarmente, e sulla quale io evidentemente desidererei senz'altro essere illuminata. Ulteriori punti di fastidio vengono ad aggiungersi nel caso la persona in questione accompagni il proprio straparlare con quella malsana abitudine che prevede di toccare l'avambraccio del proprio interlocutore, che sarei poi io, magari dicendo un lascia che ti spieghi al quale il mio sistema simpatico dovrebbe rispondere da par suo, richiamo d'emergenza di sangue ai muscoli, peli rossi dritti, tensione muscolare e battito cardiaco pronti al picco di massimo e via, attacco o fuga, e sarei anche disposta a rinunciare alla prima opzione, perché in questi casi l'unica risposta veramente salvifica è la ritirata, dignitosa o meno, non è importante. E invece, nonostante la natura ci abbia forniti di questo e di altri lati animali, le convenzioni e l'educazione e le abitudine e innumerevoli e riprovevoli inibizioni ci portano a comportarci in modo completamente diverso dall'opportuno, e a una provvidenziale fuga preferiamo una serie di imbarazzati sorrisi di circostanza accompagnati da vari eh sì nei quali ci sforziamo di inserire un'intonazione che trasmetta la nostra voglia viscerale di interrompere la conversazione ma, vuoi perché nel frattempo siamo troppo presi a convogliare tutta la nostra volontà a livello di muscolatura facciale per mantenere un'espressione amichevole, vuoi perché l'interlocutore è del tutto assorbito ad ascoltare il suono della propria voce per prestare attenzione a qualsiasi altro evento circostante, la conversazione prosegue per tempi indefiniti.


In farmacia, striscia gialla per terra a segnalare la distanza di cortesia da mantenere quando non è ancora il proprio turno. Una di quelle cose che dovrebbero essere così scontate da non richiedere tali apparenti vezzi da interior designer, ma così è. Aspetto, nel frattempo due farmaciste seguono due clienti. Uno dei due, un non giovanissimo biondo allampanato in maglietta e pantaloncini corti che vedo solo di spalle, parla particolarmente sottovoce. Penso che stia chiedendo consigli e pareri su problemi evidentemente delicati e mi sforzo ancora di più per distrarmi leggendo la lista dei test delle intolleranze che si possono richiedere, stando ben attenta a distrarmi anche da questa distrazione, sennò comincio a sentire tutti i sintomi, quindi provo a distrarmi buttando l'occhio sulla scansia dei solari e poi su quella adiacente dei prodotti per neonati e poi... Insomma, la distrazione ricorsiva svolge al meglio il proprio test per il latte compito, riesco a non sentire quello che il biondo anti UVA non giovane sta chiedendo test per le farine con un riserbo d'altri tempi crema mais e tapioca, cos'è la tapioca?. Sono affari suoi, non test per i lieviti voglio sentire doposole nutriente all'olio di tapioca. Se non che  ad un certo punto test per il cioccolato, pur senza volerlo, sento che dice che Sono tutti succubi della Merkel, al che chissenefrega del test per il caffè o della tapioca, voglio riuscire ad ascoltare tutto, maledetta striscia gialla. E mi accorgo della faccia sofferente e del sorriso tirato della farmacista, poveretta, che non sa come uscirne viva. E lo spilungone che persevera, che Basta che la Merkel dica una cosa e son già tutti in ginocchio, tutti con questa paura della Germania. Mi aspettavo un è ora di finirla!, ma mi rendo conto che sono esigente. Qui la povera donna ha avuto una reazione sbagliata, anzi, direi la reazione sbagliata, e ha provato a far ragionare il Churchill della bassa padovana facendogli notare che in fondo non siamo in una situazione che ci consenta di essere noi a imporre condizioni. 
Quanta ingenuità, quanto dilettantismo da parte sua, quanta delusione da parte mia, quanto rinvigorimento da parte del logorroico cliente. Ognuno insomma aveva il proprio ruolo, e ormai lui s'era calato anima e corpo nei panni della guida.
Ma noi siamo Italiani! E noi Italiani una cosa abbiamo nel nostro patrimonio genetico: l'America, l'abbiamo scoperta noi. E dovrebbero ricordarselo. Siamo stati noi, con Colombo.
Ormai la stupida striscia gialla poteva anche fare a meno di esistere, tanto il tipo s'era talmente infervorato che probabilmente lo sentivano anche al di qua della striscia i clienti dell'altra farmacia, quella a dieci minuti a piedi.
Quindi ora credo di poter dire che c'è del sangue di Colombo che scorre nelle mie vene, che tra le mie doppie eliche ci sono pezzi non di America, ma di scopertadellamerica, e credo anche che ci sia un qualche centinaio di milioni di persone che non mi hanno ancora ringraziato, ma sarebbe ora che qualcuno glielo dicesse che se non fosse per noi, loro sarebbero ancora là ad aspettare che passi qualcuno a venirli a scoprire, a non sapere che farsene di tutto quel mais se non c'è neanche un cinema, e a chiedersi che scopo abbiano mai i tacchini, dato che non ci sarebbe un giorno in cui ringraziare.


Quando sono uscita, lui era ancora dentro che ammaestrava la farmacista.
Scusateci, tacchini.

martedì 17 luglio 2012

Chiuso, adiabatico, isolato.

Pochi oggetti sono ad altissimo indice di potenziale fastidiosa pateticità come le scatole contenenti ricordi piccoli, dove con piccoli intendo di scarso valore oggettivo. Ognuno dovrebbe averne una, di scatola dei ricordi, verso la quale dovrebbe essere obbligatorio dimostrare una smodata gelosia da giustificarsi col fatto che gli oggetti raccolti e conservati in essa susciterebbero la totale indifferenza, o al più un tiepido sorriso di condiscendenza qualora venissero mostrati ad altri, i quali manifesterebbero la stessa partecipazione di quando si cerca di descrivere un sogno o di spiegare una battuta a qualcuno che non l'abbia capita.
Inevitabilmente un biglietto d'aereo ormai scolorito, una biglia, l'ingresso stropicciato a una mostra, un accendino consumato, un petalo secco è bene che se ne stiano relegati e nascosti sotto un coperchio, così da non essere visti da occhi estranei, ma in certi casi neanche dagli occhi di chi ha scelto di metterceli, sotto quel coperchio.

A causa del cambio di un armadio ho risistemato la mia camera.
E nella scatola ho scoperto che manchi, e che mi manchi.

domenica 15 luglio 2012

Sul tuo collo di pelliccia

Mi avevano raccontato che Turner, viaggiando su un treno durante un temporale particolarmente violento, aveva deciso di sporgersi dal finestrino e s'era fatto un bel pezzo di viaggio in questo modo, cercando di imprimersi bene in mente l'immagine che aveva di fronte, cercandone l'essenza, per tradurla in un'opera dove poi il senso della velocità l'ha reso con forme inafferrabili e prive di contorni.
Personalmente quel dipinto lo apprezzo ma senza strapparmici i capelli. Piuttosto mi incuriosiva la scena di un viaggiatore che si fa chilometri sporto dal finestrino, verosimilmente accompagnato da gente che si lamenta e gli chiede se è pazzo a volersi prendere una broncopolmonite, signore, sia ragionevole, stia seduto e chiuda immediatamente, non si accorge che piove dentro, non vedo come la cosa avrebbe potuto svolgersi diversamente, a meno che non le trovi tutte io le piaghe che non sopportano un po' di ossigeno che, da fuori, renda un po' meno irrespirabile l'aria a volte ammorbante che c'è dentro certi vagoni.

Ero in auto e avevo davanti un pick-up. Era una mattina soleggiata dal piacevole clima primaverile. Insomma, le condizioni al contorno erano quasi fastidiosamente ideali. Sopra al cassone posteriore del pick-up c'era un cane, non saprei dire che tipo di cane, potrei dire una via di mezzo tra un cocker e un labrador, nel senso che non era nessuno dei due ma aveva, di questi, il muso simpatico e le dimensioni del Cane, della mia idea di cane. E si sporgeva ora dal lato destro, ora dal sinistro, e il vento gli faceva svolazzare le orecchie pelose (più da cocker che da labrador), e continuava a cambiare lato, sembrava che si divertisse come poche volte nella vita, credo che se avesse potuto dire qualcosa alla persona che stava guidando, l'unica cosa sarebbe stata: Dai gas, dai gas che mi diverto!

E se fosse stato mio avrei saputo come chiamarlo.
Il cane Turner.

lunedì 9 luglio 2012

L'insieme non vuoto degli insiemi vuoti.

Non sopporto un sacco di cose, e benché riesca ad essere molto molto clemente con i cori russi e il free jazz punk inglese, non riesco tuttavia ad essere altrettanto indulgente con tutti quelli che sfornano frasi che cominciano con Le persone si dividono in due categorie: ... A meno che si chiamino Oscar Wilde. 
Per quel che mi riguarda, credo il numero di categorie in cui potrei suddividere l'umanità si aggiri, a spanne, sulla mezza dozzina di miliardi. Sì, tutti così speciali, tutti in punta di piedi per vederci meglio, quindi di nuovo tutti allo stesso livello iniziale (leggere Manzoni non è stato del tutto vano).
Eppure qualche macrocategoria dovrà pur essere ricostruibile, qualche, per quanto esiguo, tratto comune. Bene, io procederei in questo modo: ci sono
- quelli che raccontano un sacco di roba di sé e hanno un sacco di roba da dire; 
- quelli che raccontano un sacco di roba di sé benché non abbiano niente da dire ma hanno problemi col silenzio;
- quelli che raccontano un sacco di roba di sé benché non abbiano niente da dire ma non se ne rendono conto e pensano di stare dicendo cose interessanti;  
- quelli che non dicono niente di sé perché non c'è niente da dire e se ne rendono conto; 
- quelli che non dicono niente di sé perché pensano che agli altri non interessi;
- quelli che non dicono niente di sé perché è troppa fatica;
- quelli che non dicono niente di sé benché abbiano un sacco di cose potenziali; 
- quelli che non dicono niente di sé perché vorrebbero dire qualcosa, ma nei paraggi c'è un esponente di uno dei primi tre gruppi citati;
- quelli che non dicono niente di sé e punto.



lunedì 2 luglio 2012

...so many well-bred commonplaces

In fondo questo pianetucolo da provinciali dell'orsa minore non sarebbe poi così male, se non fosse che bisogna condividerlo, e passi che tocca starci assieme alle zanzare e ai piumini dei pioppi, il problema sta altrove.
Stasera ero in treno, stavo tornandomene a casa seduta in una carrozza piacevolmente semivuota (l'avverbio non fa riferimento al semi-, giusto per fugare ogni dubbio), circondata da tre posti altrettanto piacevolmente liberi. Risucchiata nel libro iniziato di fresco, ero solo vagamente consapevole della voce di sottofondo che diceva cose qualche sedile più in là.
Stiamo per entrare nell'ultima stazione prima di quella dove scendo, il treno comincia a rallentare ma all'improvviso si ferma con una frenata degna del peggior film d'azione. Stupore. Sguardi attoniti. Rumore di pentola a pressione, cosa alquanto bizzarra, devo riconoscerlo. Controllore solerte che corre per il corridoio, cosa alquanto bizzarra, devo riconoscerlo. Voce di donna che non vedo, ma sento dire che sono stati quei due ragazzi là. All'armi!, all'armi!, porte chiuse, che nessuno entri e che nessuno esca, il controllore minaccia una multa di mille euro per chi azioni ingiustificatamente il freno di emergenza, lei li ha visti?, per un attimo penso che stia parlando con me, e per poco non gli do una risposta degna di me (Chi? Io?), ma poi sento la voce di prima ripetere che sono stati quei due ragazzi là, il controllore si dirige verso , il macchinista prende la decisione e chiamo i carabinieri! Chiamo i carabinieri!
In tutto questo io mi limito ad alzare gli occhi al cielo e a pensare che, maledizione, per una volta che non abbiamo il solito ritardo e che... Colpo di scena! Non faccio in tempo a finire le mie tacite proteste che il controllore ritorna da  stupito anzi che no, urlando al macchinista che si son buttati dal finestrino! Ormai ci siamo dentro fino al collo, al peggior film d'azione. Certo che i finestrini sono tanto stretti, i due manigoldi devono aver avuto l'agilità di un'anguilla per uscirsene così. Già, comunque me li vedevo, quei lestofanti, orribilmente sfracellati sui binari, invece devono essersela data a gambe senza il minimo problema.
Fine del peggior film d'azione.
Dubbi della sottoscritta sulla teoria dell'evoluzione.
Voce di donna, non la zelante testimone, un'altra, dalla cadenza meridionale: Ormai questi ragazzi hanno sperimentato tutto, non sanno più come divertirsi, e fanno di queste cose. Ed è in queste occasioni, non tanto nelle scene da stuntman, che il mio stupore s'impenna: quando mi accorgo che la gente che dice ovvietà esiste veramente. Passa di nuovo l'indefesso controllore, la signora tenta l'approccio, Eh, questi ragazzi! Certo che se provavo io a uscire dal finestrino restavo incastrata! Poveretta, io avrei voluto far presente al controllore che se una donna arriva a pronunciare certe cose è solo per sentirsi dire che ma signora, ma sta scherzando, con quel corpicino lì, quanti ne fa girare, per strada, eh, birichina?, ma ormai il sollecito tutore dell'ordine era passato oltre, lasciando la povera signora a ridere da sola della propria battuta, ammesso che lo fosse.
Arrivo alla mia fermata, mi alzo, e per raggiungere la porta devo passare davanti a quella che finora era stata mera voce nascosta: era esattamente l'archetipo che le si richiedeva di essere, grassoccia e attillata, seduta come stanno sedute tutte le donne che si ostinano a indossare pantaloni a vita bassa di un paio di taglie in meno del dovuto, tintinnante di bigiotteria e intenta ad attaccar bottone con un'altra povera donna seduta lì vicino. Sì, ma questi ragazzi... (stava ancora parlandone) Ormai ovunque si va bisogna stare attenti. Stiamo diventando tutti un'unica razza. Non è bello, no. Non è mica bello, perché non...non... Fine. Non nel senso che sono scesa e mi son persa il seguito, ma proprio perché ha finito così il ragionamento. E quindi ho capito che forse, per partorire quella frase geniale che è the platitude from outer space, that's brother Nigel, beh, probabilmente Osborne viaggiava in treno.