martedì 28 novembre 2017

La teoria gender dell'aspirapolvere

A me piaceva studiare latino. La grammatica, le versioni da tradurre, il sollevamento pesi col Castiglioni Mariotti, quelle robe là, insomma. A me piacevano. Certo, non mi aiutavano l'essere dotata di (1) un'innata propensione a mettere gli accenti sulle vocali sbagliate e (2) una sorella di cinque anni più vecchia di me che stava facendo il classico e che a propria volte era dotata di (1) un'innata propensione a correggere gli accenti sbagliati e (2) una certa inclinazione a essere molto assertiva e perentoria e, a tratti, vagamente irridente nel farlo. Va detto che exèrcitibus non si poteva sentire. Capace che sia ancora là che ridacchia. Tant'è.
Col tempo mi son fatta un po' di orecchio e gli accenti hanno cominciato ad andare al posto giusto, ma il trauma della Sorella Più Vecchia Che Ha Fatto Il Classico è duro da superare, anzi, tende a rimanere irrisolto. Soprattutto quando mi trovo di fronte a sostantivi tipo aspirapolvere. Lascia stare il latino, qua il problema è in italiano. Anzi, se ci fosse ancora il latino, facile che aspirapolvere sarebbe neutro, e invece in italiano è...? È maschile, certo, solo che io sono dotata anche di (3) un pervicacissimo istinto a declinare aspirapolvere al femminile, cosa che in questi anni ha non solo scatenato il lato maestrinamente irridente di mia sorella, ma ha pure alimentato in me grandi sensi di colpa per il mio evidentemente congenito disinteresse per il femminismo: anni di lotta per guadagnare un po' di diritti e per toglierci di dosso l'immagine di angeli del focolare, e poi arriva il mio subconscio che mi fa declinare aspirapolvere al femminile, shame on me, possano le suffragette e le sessantottine e tutta quella gente là avere pietà della mia anima.
Fino a che... colpo di scena. Arriva colui che in più di un'occasione ho pensato essere la reificazione del Maligno, l'origine e causa di tanti pugni sulla scrivania, insomma, si sarà capito che mi sto riferendo a (pausa ad effetto)...
Microsoft.
Office.
Word.

In ufficio, documento aperto, ci devo scrivere "un aspirapolvere" (sul perché debba parlare di un aspirapolvere in un documento di lavoro passo oltre, la parentesi che si aprirebbe sarebbe più lunga e noiosa di questa). Lo scrivo. Attimo di esitazione. L'apostrofo? No. Sicura? Sì. Assertiva. Perentoria. Senza apostrofo, lo sappiamo tutti che è maschile. Ma lui, Word, anzi, Microsoft Office Word mi aspetta al varco, e mi segna errore blu. Lì. Su "un aspirapolvere". Errore. Non mi vede nessuno, ci clicco sopra col tasto destro. Ho perso un po' di assertività, lo sento. Microsoft Office Word mi suggerisce che la scrittura corretta è "un'aspirapolvere". Percepisco chiaramente che anche la mia presunta perentorietà è in picchiata. Anche la mia grammatica, mi sento pronta a rimettere tutto in discussione, accenti, apostrofi, articoli, generi, tutto. Da sola contro il Maligno non ce la faccio, mi serve l'Oracolo, chiedo a Google, che mi scrive grande così "sostantivo maschile". Mi sembra quasi di sentire mia sorella che ridacchia.
Quindi? Quindi porto avanti la mia personale battaglia cercando di evitare di iperventilare ogni volta che apro quel documento e vedo la serpentina blu di errore sotto quelle due paroline.

Se poi un giorno mia sorella e Microsoft Office Word decidessero di incontrarsi e parlarne, mi facciano sapere che mi prendo i pop corn.