domenica 2 novembre 2014

Una qualità durevole

Per non rischiare di fare brutte figure a causa di un uso poco preciso delle parole, si può scegliere tra almeno due alternative: o studiarsi bene l'etimologia dei termini che si intendono adoperare, oppure non usarli. Oggi ho scelto la seconda strada, e mi sono evitata un imbarazzante scivolone.
Il treno su cui viaggiavo stava lentamente entrando nella stazione di Mestre. Il binario su cui saremmo arrivati sarebbe stato il numero cinque, il che può apparire come un particolare irrilevante e trascurabile ma, al contrario, si rivelerà essere fondamentale. Vicino a me, pronta a scendere per poi prendere, dopo quindici minuti di attesa, la coincidenza per Trieste, una signora. Benché costei, durante i precedenti minuti di viaggio, avesse dato modo di apparire come una persona tutto sommato tranquilla, mano a mano che Mestre si avvicinava riusciva sempre meno a nascondere l'aria concitata con cui manifestava al marito tutta la propria speranza che in treno arrivasse al binario sei, così siamo sicuri di prendere l'altro con calma, senza fare le corse, il controllore ha detto che lo dovremo prendere al cinque.
Per carità, non dubito che il concetto di calma sia soggettivo, ma quindici minuti per scendere da un treno e prenderne un altro, in stazione a Mestre (che, a beneficio di coloro che non ne fossero informati, non è esattamente come il Charles de Gaulle a Parigi, giusto per rimanere sul Continente), a meno di ritardi (che non avevamo) lasciano in genere il tempo per farsi pure un mezzo sudoku sul binario.
Sia come sia, la signora era agitata. Puntava tutto sullo scendere al binario sei, per poi salire dopo poco su un treno sul cinque. Scendere al sei, salire al cinque. Sei, cinque. Sei, cinque, facile, sei, cinque, il treno rallenta sei i freni fischiano cinque, sei le porte si aprono cinque e si sente la voce degli altoparlanti sei confermare che il nostro treno arriverà cinque al binario cinque, bene!, ma noi, dico, noi, su che binario saremo?
Suspence.
Siamo sul cinque.
Sgomento.
"Ma... Ma com'è possibile che questo arrivi al cinque e che poi il prossimo passi sul cinque?"
Ed è stato in quel preciso momento che avrei voluto chiederle se gentilmente non volesse usarmi la cortesia di piantarla di essere stupida. Ma poi stasera vengo a scoprire che il suffisso -idus era usato in latino per quegli aggettivi che indicassero una qualità durevole. Pertanto la signora di cui sopra avrebbe potuto a buon diritto rispondermi che per motivi etimologici non avrebbe mai potuto "piantarla di essere stupida". E mi sarebbe toccato pure darle ragione.

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