mercoledì 30 luglio 2014

Il tizio che parla

A volte temo che farò la fine di uno dei personaggi di Moretti (il regista, non quello della birra, anche perché non avrei idea di quali potrebbero essere i personaggi del tipo della birra. Luppoli? Bicchieri? Baffi?), uno di quei personaggi che stanno calmi ed emotivamente inerti per tre quarti di film e poi di colpo sbroccano. Il timore si è presentato in modo particolarmente nitido qualche giorno fa: mi trovavo in compagnia di R: ad assistere, stipati come i calzini nel mio cassetto dei, per l'appunto, calzini, a uno spettacolo di Dario Fo. Eravamo davvero tanti, per lo meno per lo spazio messo a disposizione per la manifestazione. Quel che è peggio è che nello stesso palco si sarebbe esibito, di lì a un'oretta e mezza, Caparezza. Quindi la piazza stava cercando di contenere non solo tutti coloro che erano arrivati per Fo, ma anche quelli che alla spicciolata cercavano di insinuarsi per il successivo concerto. Però è come con le distanze di sicurezza tra le auto, c'è chi le interpreta come tali e chi le interpreta come Bene, ho spazio per sorpassare e portarmi più avanti di dieci metri. Similmente se tra me e il tizio che ho davanti lascio quella spanna di cortesia (e di sopravvivenza), tu, garzoncello scherzoso, che ti infili assieme al tuo compagno di mille avventure adolescenziali, rischi di causare una progressiva inibizione delle mie funzioni prefrontali. Transeat, so' ragazzi, continuo ad ascoltare un attore che a quasi novant'anni dimostra più energia di me nei miei giorni migliori. Se non che... Se non che il garzoncello scherzoso di cui sopra estrae il cellulare per chiamare a raccolta gli altri suoi sodali: Sì... Sì, noi siamo qui nella piazza più grande... Sì, quella dove c'è il tizio che parla...
Ecco. Il tizio che parla. Più di qualcuno si è girato verso il telefonante, con una faccia che rappresentava il bignami di diverse espressioni (divertita, schifata, sdegnosa, doveandremoafinire...). Tra questi, manco a dirlo, pure io. Solo che a me è pure partito l'arco riflesso, e la fibra motoria che mi ha fatto muovere la bocca non ha visto mediazioni o coinvolgimenti di alcun centro motorio superiore. "Il tizio che parla"... Minchia, è Dario Fo. E perché non "il vecchio che parla"?
Ecco. Potrebbe essere divertente. Ma io temo che un giorno mi ritroverò a gettare le piante fiorite del mio balcone urlando all'unica pianta secca se vuole più o meno acqua.

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