martedì 22 luglio 2014

Rotte di Collisioni

Se volessi parlare per frasi fatte (ma fatte da chi, poi?), direi che sabato mattina la realtà ha superato la fantasia. Oppure che in certe circostanze succedono cose che non esistono. O ancora che ho fatto un sogno lungo due giorni.
Prima di iniziare, è il caso che contestualizzi un po' la vicenda: sabato e domenica scorsi mi trovavo in compagnia di R: in terra piemontese per partecipare, da brava radical chic, come qualcuno mi ha definito (ma io preferirei progressive glam, o al più reactionary trash, o anche scusa, mi passi una birra?) a un festival di musica e letteratura. Bello eh. Davvero, non sono ironica. Solo che l'aspetto organizzativo era un po', come dire?, confuso. Sì, insomma, fumoso. Fatto sta, noi arriviamo sabato mattina, baldanzose e sicure, con le nostre mail attestanti l'acquisto on line dei biglietti il cui ritiro si sarebbe potuto effettuare solo nel luogo dell'evento. Chiaro, non sarebbe stato male averli potuti stampare prima, ma bene così, che sarà mai, noi si arriva lì, all'ingresso, le vedi le transenne e la coda di gente?, bene, quello è l'ingresso, noi si arriva lì, si va alla biglietteria e... Parbleu, la biglietteria è chiusa! Non resta che chiedere informazioni su "come fare come andare a chi rivolgersi" all'omino che lascia passare tutti coloro che già sono muniti di regolare biglietto. Questi sono i momenti in cui vorrei davvero essere brava, ma brava brava, a descrivere le persone. Cercherò di mettercela tutta, perché il soggetto meritava. Questo minosse piemontese era un tipo tracagnotto, rasato cattivo e tatuato cattivissimo, nero vestito dalla maglietta alle scarpe, lucido di sudore come un raccoglitore di cotone in un campo sudista. A coronare il tutto, la postura, sulla quale non sarebbe possibile soprassedere: trattavasi di postura da palestrato cattivo, col pettorale gonfio che non dà modo alle braccia di cadere dritte lungo i fianchi, ma che le costringe invece a un'innaturale accenno di abduzione. Incuranti della posa gorillesca e dello sguardo truce, ci avviciniamo per spiegare il nostro piccolo grattacapo, questo trascurabile inconveniente che tuttavia non ci permette di avere dei biglietti tangibili.
- Eh no, dovete andare alla biglietteria nell'altro ingresso, così ve li danno. A piedi da qua saranno un paio di chilometri perché dovete fare il giro per fuori.
- Ok, e raggiungendo invece la biglietteria da dentro?
- No, da dentro state un attimo, ma non vi posso far passare.
- Ma la vede la mail? I biglietti ce li abbiamo. Entriamo, andiamo alla biglietteria, ci facciamo dare...
- Impossibile.
Ora. R: e io siamo due persone abbastanza pervicaci, specie di fronte alle situazioni kafkiane. Tuttavia, per quanto mi infastidisca ammetterlo, di fronte alla gommosità di quel muro di carne umana ci siamo dovute arrendere, accettando così di metterci in marcia verso l'altro ingresso, ok, un po' distante da raggiungere, ma meno male che ci sono le indicazioni. Che spariscono al primo bivio. Esattamente. Quindi, da che parte andare? Pensando che non in tutti i casi il divide et impera si dimostra la tattica vincente, decidiamo di non separarci e di prendere una delle due strade. Che ovviamente si rivela sbagliata, dato che dopo cinque minuti di passo svelto sotto il sole ci rendiamo conto che ci stiamo dirigendo verso il nulla. Con un misto di rassegnazione, rabbia crescente e immancabile caldo, facciamo un dietro-front pronte a tornare al bivio e...
- Scusate! Vi serve un passaggio?
Io non so se gli angeli esistano e, nel caso, che voce abbiano. Ma voglio pensare che non si discosti troppo da quella della signora che si stava affacciando dal finestrino di una Mercedes, per offrirci aiuto. Era il caso di farselo ripetere due volte? Evidentemente no. Saliamo in auto. E vediamo lei, questa creatura sottile e raffinata, questa beatrice delle Langhe, elegante e sobria nel suo completo bianco, nei suoi capelli dignitosamente grigi raccolti in un semplice chignon, nel suo saluto garbato ai vigili che alla rotonda bloccavano tutte le auto tranne la sua ("Di solito io mi occupo di persone importanti...", ci dice, quasi a giustificare tanta facilità di movimenti), nel suo dirigersi sicuro verso le transenne il cui passaggio era ancora custodito dall'energumeno nero. Il quale, orrore!, fa cenno alla macchina di fermarsi. R: e io cominciamo a chiederci cosa ci dirà, dato che senza ombra di dubbio ci riconoscerà come le due cocciute che prima non demordevano.
- Non può passare, con l'auto.
- Ma io sono con i conti di Barolo.
E senza dare altre spiegazioni, quell'angelo al volante ingrana la marcia e va. Facendoci godere un ingresso trionfale, benché non propriamente autorizzato.
Insomma, alla fine le bianche forze del bene hanno avuto la meglio sulle potenze oscure.

Ah, poi il biglietto siamo andate a prendercelo. Giustificando in qualche modo il fatto che fossimo già all'interno della zona del festival.

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