mercoledì 23 maggio 2012

Tetrachiro in tazza grande

O, se non piace tetrachiro, bicefalo. Perché quanto segue è frutto di un ragionamento fatto con Cinque, che a dispetto del nome vale per uno solo.
Un giorno stavo pensando a una persona che conosco, la quale è particolarmente poco portata a rompere gli schemi, e stavo dicendomi che probabilmente la cosa più controcorrente che ha fatto nella vita è stata mescolare il caffè in senso antiorario. In realtà non ho fatto in tempo a finire il ragionamento, che mi son messa a pensare al mio modo di mescolare il caffè, ammesso di averne uno codificato. E quindi, approfittando della felice circostanza (non c'era nessuno che potesse vedermi), mi son messa a fingere di mescolare un'ipotetica tazzina di caffè, per cercare di venire a capo del dubbio. Dunque, credo che il mio modo "inconscio" sia il giro in senso orario, anche se a volte indugio su banali movimenti rettilinei. Ma perché orario, poi? Che c'entri la forza di Coriolis? Dovrei andare nell'emisfero australe e controllare se cambio verso. Per poi scoprire che la storia dello scarico dei lavandini è una leggenda, e tornarmene in questo emisfero con l'amaro in bocca, forse dovuto a un mal mescolamento del caffè stesso, chissà.

Fatto sta, quando ho di questi dubbi in genere chiedo il parere di Cinque. E in men che non si dica ci siamo lasciati alle spalle anni di trita e ritrita frenologia, per giungere alla definizione della personalità di una persona a partire proprio, attenzione, dall'osservare come questa muove il cucchiaino al bar.

Però in questi casi è di fondamentale importanza partire da delle basi certe, per esempio sapere quale sia il modo canonico, quello ufficiale, standardizzato e riconosciuto come valido da monsignor della Casa (notoriamente vissuto prima della diffusione del caffè in Europa, ma vabbè) di comportarsi quando si fronteggia una tazzina. Si tratta per lo più di regole che non possono non venire disattese, soprattutto se si pensa che spesso un caffè lo si prende per svegliarsi da un momento più o meno protratto di torpore. Ora, se il soggetto si trova in tale stato semionirico, credo sia ben difficile che riesca a ricordarsi di reggere il piattino con la mano sinistra, mescolare il caffè con la mano destra (per esclusione, direi) muovendo il cucchiaino dall'alto al basso (così sta scritto, mi sono documentata. Come si faccia poi mi risulta oscuro), e prendere la tazzina dal manico con il pollice e l'indice della mano destra dopo aver riposto il cucchiaino sul lato destro del piattino. Per quel che mi riguarda dovrei mettermi un vistoso braccialetto colorato su uno dei dei polsi, e poi ricordarmi che quel polso è quello da associare o alla presa del piattino o a tutto il resto. Un po' come quando, all'asilo, le maestre ci mettevano un pon-pon rosso su uno dei due polsi per imparare a distinguere destra e sinistra. Va da sé che io non ricordavo se il polso fosse, appunto, il destro o il sinistro. Meno male che so fare l'occhiolino solo con l'occhio sinistro, e che sapevo che quello era l'occhio sinistro, altrimenti penso che oggi girerei ancora con un inutile pon-pon su un polso a caso.
Ma torniamo a noi.
Si parlava delle basi certe e codificate dalle quali partire. Bene, ciò che si deve fare l'ho appena scritto. Personalmente non credo di conoscere qualcuno che ottemperi a tali regole. Evidentemente frequento la gente sbagliata. Anche perché, quando ho letto ciò che non si deve assolutamente fare ho ritrovato tutto, ma proprio tutto, quello che vedo intorno a me ogni giorno, considerando anche il fatto che al bar c'è un grande specchio. Sia chiaro, non bisogna mai mescolare il caffè con movimento orario o antiorario. E quindi? E quindi si fa dall'alto al basso, come già detto. Mah.
Altra cosa da evitare come la rogna è rappresentata dal portare il cucchiaino alla bocca. Ma l'azione in assoluto più riprovevole consiste nell'alzare il mignolo della mano con cui si regge la tazzina, seguita a ruota dal far ondeggiare la tazzina stessa in maniera circolare prima dell'ultimo sorso. Insomma, a conti fatti bere un caffè è più difficile che montare un armadio dell'ikea senza far avanzare nulla.  

Ma nella realtà, nel bar sotto casa, il famoso uomo della strada che tutti noi ben conosciamo come si comporta se messo di fronte alla caffeina? Il discorso sarebbe molto lungo, temo di dover fare delle semplificazioni, per esempio escludendo dall'indagine i caffè macchiati: lì si aprirebbe un mondo di modi diversi di gestione della schiumetta di latte. Circoscriverò quindi l'analisi al mero caffè semplice.
C'è il distratto, che mescola al volo, non abbastanza, assaggia, il caffè è ancora amaro come bile, versa ancora zucchero e rimescola, ma nel fondo c'era ancora tutto lo zucchero di prima, quindi dopo un primo sorso di fiele si ritrova mezza tazzina vagamente stucchevole. Orario, antiorario, dall'alto al basso o viceversa, poco gli importa, è distratto, vive la vita come viene e se ne perde metà.
C'è la persona che alterna verso orario e antiorario, gli piace creare vortici e romperli, tanto è solo una tazzina, lì sfoga un po' di istinti e di desideri spericolati. Magari non ritira neanche lo scontrino, per sprezzo delle regole.
C'è chi il cucchiaino proprio non lo usa, ma si limita a ruotare la tazzina con abili mosse di polso che neanche un giocoliere con l'hula hoop. Può essere ossessionato dai germi, o un sociopatico, o un banale giocoliere senza hula hoop.
I più pericolosi però sono quelli che non muovono mai il cucchiaino, lo tengono fisso, verticale, e fanno ruotare la tazzina con il cucchiaino dentro, fermo. Inchiodati alle loro prospettive precopernicane, credono che sia il tutto che gira attorno al singolo, e spesso identificano il singolo con sé stessi. 
E spesso riescono pure a farselo offrire, il caffè.

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