domenica 13 ottobre 2013

Libera mente tratta

Era una storiella, un aneddoto che ci aveva raccontato la professoressa di inglese al liceo, però non sono sicura che i personaggi che ricordo siano quelli giusti. Ci spiegava di Joyce e Svevo, i quali erano soliti sedersi, la sera, allo stesso tavolo dello stesso locale e trascorrere assieme ore senza dire una parola. E come tutti gli aneddoti bisognerebbe capire se magari in realtà non fosse successo che un giorno James e Italo si fossero dati uno sporadico appuntamento al bar, e nella conversazione nata tra i due ci fossero state rare pause di pochi secondi. Poi, va da sé, il tempo ci ricama sopra, e a informarsi bene, chissà, verrebbe fuori che quei due erano uno il cugino di Svevo e l'altro un tizio che era stato a Dublino.
La vita a volte è impietosa.
Ad ogni modo, a me l'aneddoto era stato detto come l'ho riportato, e dato che da qualcosa si deve partire, assumerò che sia corretto.
Ora il motivo di tutto questo preambolo. Qualche tempo fa Daff mi raccontò di avere un amico, che chiamerò Nocchiero, un po' strano. Ognuno si senta libero di associare al termine strano le stravaganze di carattere e temperamento che più preferisce. Mi diceva che più o meno una volta la settimana andava a trovarlo, magari ci scappava la partita a scacchi.
Ieri gli ho chiesto come fosse andata la visita settimanale.
- Bene, solo una passeggiata, oggi era malinconico. Ma mi rasserena.
Non mi passa per la testa di chiedergli se e cosa gli racconti. Però mi piaceva figurarmeli in qualche modo come i due, Joyce e Svevo, non al bar in questo caso, ma a camminare su un prato. Magari con Nocchiero che osserva che caldi, in autunno, non sono che i colori delle foglie.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Io che ti ho sentita narrare il racconto dal vivo posso solo dire che lo scritto è stupendo...liberamente tratto da una storia vera...da un rapporto stupendamente mentale

Ginger Dalloway ha detto...

Tu che pure ricordavi la prima parte.