mercoledì 6 giugno 2012

Molestie statistiche

"Tu, ragazza ginnica! Tu che fai jogging! Ti posso chiedere una cosa con il sorriso?".
In questo modo mi sono sentita apostrofare qualche sabato fa, mentre tornavo da un giretto mattutino per i colli. Mi piace andarci presto, la mattina: non c'è nessuno, non fa ancora caldo e si sente il martellare del picchio. Malauguratamente al ritorno minacciava maltempo, quindi per far prima ho preso la strada secondaria, che per me corrisponde a quella principale. In genere faccio il giro lungo e appartato, ma per evitare la pioggia mi son vista costretta a passare in mezzo alla comunità umana. E al sabato mattina (o forse anche durante gli altri giorni, chissà) si aggirano per il centro questi personaggi, questi baldanzosi giovanotti che cominciano a puntarti appena sei nel raggio del visibile, e ti si attaccano come la carta moschicida. Il piacere che evocano è lo stesso, ma almeno la carta moschicida è utile contro le mosche.
Una volta con uno non sono stata sufficientemente rapida, quindi gli ho dato modo di articolare grosso modo tre frasi, nelle quali la parola sorriso veniva pronunciata un numero irragionevole di volte. Era qualcosa del tipo: "Ti posso chiedere una cosa, ma con il sorriso, non sono un terrorista, tu hai qualcosa contro i ragazzi che come me hanno fatto un percorso di recupero dalla tossicodipendenza, puoi rispondermi con il sorriso, parliamo serenamente con il sorriso, io mi chiamo Giovanni, posso chiederti come ti chiami, con il sorriso...". E non sto esagerando.
E vabbè, con qualche tecnica estemporanea, dal Togliti di mezzo o ti do fuoco al Ce l'ho già che tanto ci ha dato, in qualche modo ci si libera anche di queste zecche.
Solo che il simpatico parassita di sabato ha fatto anche l'abile mossa di mettersi fisicamente in mezzo ai piedi, sbarrandomi la strada. Purtroppo non ho avuto la prontezza di dirgli: "Sparisci o ti travolgo, non vedi che sono ginnica?" (ragazza ginnica, ma dove li pescano, gli aggettivi? Forse il percorso di recupero dalla tossicodipendenza non l'hanno proprio proprio terminato) e mi sono limitata a scartarlo come un abile terzino professionista, benché fossi tentata dal fermarmi e chiedergli se fosse impazzito, ostacolarmi in questo modo; forse non sapeva che tutte le cattiverie che si dicono sulle persone con i capelli rossi non sono altro che semplici dati di fatto.
Però poi scopro che va sempre a finire nello stesso modo, con me che penso che in fondo un po' gli invidio quella sfacciataggine, quella leggerezza viscerale nel prendere l'iniziativa e rivolgersi a perfetti sconosciuti, senza porsi problemi sul chissà cosa penseranno e quante maledizioni staranno partorendo.

Stamattina in treno c'era un ragazzo che si contorceva in tutti i modi per evitare il sole che, dal finestrino chiuso, lo stava cucinando a fuoco neanche tanto lento. Avrebbe potuto chiedere alla ragazza semiappisolata seduta vicino a lui di abbassare la tendina. Avrebbe potuto, ma non l'ha fatto, forse temendo la reazione di lei nell'essere svegliata, quindi stava lì a soffrire abbrustolendosi. Finché lo spirito di sacrificio è venuto meno, si è allungato per abbassarsi da solo, cautamente, la tendina, e nel farlo ha svegliato la ragazza. Che tuttavia, in quanto appartenente alla società presunta civile, non l'ha colpito con la prima cosa le capitasse per le mani.

Tra l'intraprendente scroccone del sabato mattina e l'impacciato pendolare fotofobo esiste una cosa chiamata equilibrio. Tra l'uno e l'altro forse c'è una distribuzione normale di comportamenti. E a me non dispiacerebbe stare nell'intervallo di due sigma.

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