lunedì 4 giugno 2012

Eziologia trascendentale

Non ho ancora letto, ce l'ho nella lista dei libri in attesa, Un indovino mi disse. Non l'ho letto, ma so che il titolo prende spunto dal fatto che un giorno, sul finire degli anni Settanta, un indovino vaticinò a Terzani che  nel 1993 avrebbe corso il rischio di morire, raccomandandogli in particolare di non prendere l'aereo. E fu così che, al sopraggiungere dell'anno fatidico, lo scrittore, più per gioco che per paura, trascorse un anno intero senza mai prendere l'aereo, cosa abbastanza insolita vista la sua professione di giornalista. Fece quindi una cosa apparentemente sciocca e frutto di superstizione, benché in fondo io sia convinta che chiunque si sarebbe comportato similmente, ammesso di ricordarsi della profezia a distanza di un quarto di secolo. Ad ogni modo, mi chiedevo come avrà giustificato questa sua scelta di fronte a coloro che gli avranno chiesto perché di punto in bianco avesse smesso di volare. O meglio, mi chiedo come l'avrei giustificata io, immaginandomi nei suoi panni. Bene, sono sicura che avrei detto la verità, evitando accuratamente giustificazioni plausibili del tipo 'Ho paura di volare', 'Gli aerei inquinano un sacco', 'In aereo non riesco a leggere', 'Le file al check-in mi stufano', 'Nel sedile dietro ho sempre il bambino che scalcia' e così via. Il motivo è presto detto: l'interlocutore medio, di fronte a una scusa verosimile, oppone obiezioni a volte interessanti e stimolanti al confronto, ma molto più spesso completamente insulse e banali. Viceversa, messo davanti a motivazioni che trascendano la sfera del fenomenico, tace. Quindi tanto vale rispondere: 'Quest'anno non posso prendere l'aereo perché una ventina d'anni fa un indovino cinese mi ha detto che sarei morto in un incidente aereo, e la maledizione volante scade il 31 dicembre'.

Non mangio carne perché secondo un'antica leggenda inuit le persone con il mio segno zodiacale, il mio ascendente e un neo sopra il ginocchio destro non possono nutrirsi di cose che nella loro lingua contengano la R, la N e la C. I più attenti tra coloro che mi conoscono si saranno accorti che infatti non mangio neanche i ranuncoli né i croccantini per cani. Il castigo da pagare nel caso si decida di andare contro a questo ammonimento purtroppo è andato perduto nelle gelide acque dell'America settentrionale, ma io non me la sento di andar contro le leggende. Specie se antiche. Specie se inuit. Figuriamoci.
E questa è la motivazione che ho deciso di addurre per giustificare un atteggiamento che non dovrebbe richiedere giustificazioni. Però qualcuno che le chiede c'è sempre, ma mi sono sinceramente stufata di sentire sollevare obiezioni talmente idiote da suggerirmi il cannibalismo. Penso di aver toccato il fondo quando l'abile interlocutore A ha osservato che in fondo anche l'insalata è viva. In quella circostanza ho risposto di malavoglia che certamente una pianta è viva, ma non è certo suscettibile di apprendimento. I presenti hanno pensato che stessi dando della pianta al soggetto A. Devo dire che la cosa è stata preterintenzionale, ma in fin dei conti corretta. E comunque A non l'ha colta.
Però basta, basta critiche stupide. Perché in realtà ne esisterebbero di fondate, e alcune di queste sono quelle che sollevo a coloro i quali vorrebbero convincermi che non mangiar carne è una scelta corretta. E non c'è alcuna contraddizione in quello che sto dicendo: è pieno il mondo di gente che ostenta sani principi poggianti sul niente, quindi mi diverto a metterci una piccola carica di dinamite alla base. A meno che, ovviamente, uno non mi dica che lo fa per motivi religiosi: che autorevolezza ho mai io per dirgli che secondo me in quel tacchino non c'è il nonno di suo cognato?

Quindi non mi resta che cercare di redigere dei Protocolli dei Savi Inuit e sono a posto.


3 commenti:

L ha detto...

Io non mangio i cavalli perché ho paura di mangiarne uno che ho conosciuto. Ma non applico la stessa regola alle piante. Forse dovrei?

5 ha detto...

Una ventina di anni fa alla festa del paese vincemmo un'oca. Diventò subito l'indiscutibile regina del giardino: faceva la guardia meglio del cane e le galline con cui conviveva iniziarono presto a dormire all'aperto -imitandola- in cerchio attorno a lei. Io e mia sorella ci affezionammo moltissimo.

[...]

Quando a fine pasto nostra madre ci rivelò che il coniglio non era propriamente un coniglio, piangemmo. Ma poi mio padre osservò che pure i conigli -che mangiavamo senza problemi- li conoscevamo, rivelando la contraddizione del nostro comportamento. Capito l'errore decidemmo di correggere le nostre abitudini. I vecchi non furono più in grado di somministrarci animali che avessimo conosciuto.

Qualche mese dopo, ad orgoglio ripristinato, scordammo l'oca e la questione: tutto tornò come prima, con sommo dispiacere di galline e conigli.

Ivan ha detto...

Una strana sottrazione: 1993 - 1/4 secolo = 1968. Quindi sul finire degli anni Sessanta, non Settanta. Sono pignolo, lo so...