giovedì 3 aprile 2014

Il pozzo di Fernando

Anni fa, parecchi, forse una decina o forse qualcuno in più, Lux mi mandò una frase di un libro che stava leggendo. Condividiamo questa abitudine: quando leggiamo qualcosa che ci emoziona, con qualcuno dobbiamo condividerla. Purtroppo mi rendo conto che la cosa, specie con l'avvento della moda degli aforismi a caso, può assumere sfumature da adolescente che scrive presunte frasi di Jim Morrison sul diario, o da sempliciotto che di Wilde sa solo che ascoltava i Doors e che sapeva resistere a tutto tranne che alle tentazioni. È pur vero che nella vita qualche rischio bisogna correrlo. Tornando alla citazione di Lux, si trattava di una frase che allora mi trapassò come un fulmine: Noi non ci realizziamo mai. Siamo due abissi – un pozzo che fissa il cielo. E talmente forte fu quella secchiata di acqua gelida, e talmente meravigliosa, che pensai che non avrei mai avuto il coraggio di affrontare il libro da cui era stata tratta. Ma il caso volle che si arrivasse a prendere Maometto e la montagna, per sostituirli, rispettivamente, con me e con il suddetto libro. A volte commetto errori madornali e, quel che è peggio, per tempi molto lunghi: ho passavo due terzi della mia vita a non mangiare melograni, perché mi ricordavo che da piccola non mi piacessero, per poi scoprire che ne vado ghiotta. Ho passato un terzo della mia vita a non leggere un libro, perché temevo mi facesse stare male, per poi scoprire che trovare qualcuno che decenni prima di me ha dato una forma elegante e struggente ai pensieri che anche io condivido, ma spettinati come non mai, è una cosa estremamente rassicurante. Perché la difficoltà non sta tanto nell'avere un'idea in testa, chiunque può pensare le cose più straordinarie; la difficoltà sta piuttosto nel fare uscire queste cose straordinarie dalla testa e trasferirle sulla carta, senza trasformarle in totali banalità assurde e pietose.

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