Me lo ricordo, quell'orologio, che ora mi mostri in una foto scattata in un attimo distratto. L'inseparabile struttura portante del polso, il tuo inconsapevole contenitore di parche. Quante volte l'avevo già visto, l'involontario dettaglio? Potrei contarle, renderle un disciplinato numero, consegnarle alla matematica, il tribunale del mondo. Strappare quei momenti dal loro contesto, renderli sequenza, ordine, asettica quantità.
Aspettando che si chiudano i passaggi della notte, ascolto gocciolii al di là della finestra.
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