mercoledì 11 giugno 2014

Un congegno che si spegne da sé

Decise, quindi, nonostante le resistenze opposte, di buttare l'euforbia. Non che fosse già morta, a dire il vero, ma da giorni era così giallognola e rachitica da non lasciar presagire alcunché di buono. Era dunque il caso di farla sparire, e alla svelta, altrimenti che figura avrebbe fatto? Probabilmente, chissà, la cosa sarebbe stata talmente paradossale che nessuno avrebbe potuto concludere che la responsabilità fosse sua; magari chiunque avesse visto nella sua casa una pianta così asfittica avrebbe pensato che fosse stata portata lì il giorno prima da qualche conoscente il cui pollice era privo della benché minima sfumatura di verde. Invece no, era proprio sua. L'aveva comprata un paio di mesi prima per darsi un'altra possibilità. D'altronde era così in gamba nel dare consigli peraltro sempre estremamente appropriati a chiunque avesse problemi con una pianta: bulbose, alberi da frutto, rizomatose, piante d'appartamento, grasse, perenni, stagionali... E poi batteri, funghi, insetti infestanti, virus... Per qualsiasi dubbio aveva la risposta, come se per scienza infusa (o forse nascondeva anni di botanica studiata segretamente?) il suo cervello fosse stato equipaggiato di quelle conoscenze che gli avevano permesso, col tempo, di diventare quella sorta di oracolo della floricoltura che si ritrovava ad essere.
Però l'euforbia, due mesi fa così rigogliosa, ora era talmente patita, talmente striminzita... L'avrebbe buttata, senza troppe remore. Alla peggio, l'unica a rimanerci un po' male sarebbe stata proprio lei: la pianta.

Nessun commento: