martedì 3 giugno 2014

Il mio amico George (7)

L'argomento musica non è il più gettonato, tra George e me. Non c'è un motivo particolare, credo che la ragione per cui ne parliamo con frequenza insolitamente bassa sia solo legata al caso. Ad ogni modo, ieri George ha tirato in ballo un album che gli avevo consigliato qualche tempo fa. Non avrebbe senso che ora mi mettessi a riportare i pareri e le emozioni che mi ha descritto, e non sarebbe nemmeno questo il senso del post.
Si è soffermato, tuttavia, su un pensiero che gli gironzolava in testa in modo più fastidioso di altri: "L'ho ascoltato parecchie volte, eppure mi fanno sempre, sempre, amaramente sorridere quei pochi versi, hai presente?, quelli che dicono Mi dici che ti emoziona il tramonto ed io ti chiedo se ce l'hai per caso in tasca un chewingum. E non serve che sia io a ricordarti il tono spensierato e leggero con cui sono cantati. Mi fanno sorridere ma, mio dio!, che amarezza. Sarà che rendono in modo terribilmente cinico ciò che succede così spesso con tutti coloro con cui... Sai no?, quelli che quando ti scrivono ti fanno scattare immediatamente la modalità no dai, non adesso, ma poi a pensarci ti rendi conto che quell'adesso è ipocrisia pura, perché in realtà non ti andrebbe bene neanche se fosse prima o dopo o domani o...".
Non riusciva a stare seduto serenamente, mentre cercava di spiegarsi. E io la conosco bene una delle paure più viscerali di George, e la conosco così bene perché è anche mia, e lui lo sa, di sé, di me, ma nessuno dei due saprebbe sbilanciarsi a dire se anche altri la condividano: George ed io abbiamo paura di essere noi l'oggetto del No, dai, non adesso.

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