domenica 5 maggio 2013

Una e una sola

C'è, nel paese in cui vivevo fino a qualche mese fa, un percorso che ero solita fare spesso: partivo da casa mia e in poco meno di venti minuti arrivavo ai piedi di uno di quei bei colli che tolgono la monotonia a un orizzonte altrimenti fatto di noiosa piattezza. Da lì basta scegliere il sentiero che si vuole prendere, e si può continuare a camminare per ore, a volte senza incrociare anima viva. Ultimamente però trovavo spesso un cane, un bel golden retriever dall'aria affabile, accompagnato da un uomo di età stimata sulla sessantina. Per quella misteriosa legge non scritta secondo la quale se si incontra qualcuno, per quanto sconosciuto, mentre si sta passeggiando per una strada inclinata, montagna o collina che sia, ci si saluta (cosa che invece sul piano non succede), ogni volta ci salutavamo, così ho avuto modo di sentire che la voce di lui era insolitamente grave, e che nel breve arco di un Buongiorno riusciva a trasmettere (a trasmettermi) un rassicurante senso di autorevolezza.
A tutto questo ho avuto modo di pensare perché le volte in cui mi è successo di incontrarlo ero da sola. Ed è sempre l'essere da sola che mi fa ricordare, ogni volta che passo davanti a una certa casa, un episodio successo ormai una decina di anni fa, forse di più: stavo percorrendo proprio quel percorso in compagnia di Lamarta, e nel costeggiare una casa nel cui giardino c'era una voliera, una di noi due fece una battuta che ora non ricordo più, ma della quale ricordo gli esiti. Entrambe cominciammo a ridere di quel riso viscerale che per alcuni minuti sembra togliere il fiato ed essere destinato a non terminare più. Dovrei essere dispiaciuta del fatto che non ricordo cosa fu, a scatenare tante risate, chissà se c'entrava la voliera, la casa, il proprietario... In realtà se anche mi ricordassi ogni singola parola detta, qui, adesso, non ne riderei più allo stesso modo.

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