venerdì 10 maggio 2013

L'iperKubrick

Ci si procuri un interlocutore a caso, si inizi una conversazione altrettanto casuale e con abili strategie la si diriga verso un argomento a scelta tra musica, cinema, letteratura, arti grafiche e così via.
Arrivati a questo punto si nomini un esponente dell'arte scelta, e non un esponente a caso, ma un esponente famoso e difficile. Famoso, altrimenti l'esperimento non può nemmeno cominciare. Difficile, perché sarà questo il cuore della prova che si sta effettuando, la quale consiste nella classificazione dei tipi di giudizio che potranno venire espressi dalla nostra cavia. Si vedrà infatti che una catalogazione di tali tipi di giudizio può essere portata a termine con sufficiente dovizia utilizzando un numero relativamente ridotto di classi. In particolare, abbozzerei un'iniziale schematizzazione in quattro categorie. Sull'asse x si metta il livello di gradimento (due classi: positivo, negativo), e sull'asse y l'autenticità e la consapevolezza con la quale si esprime quel livello di gradimento (due classi: vere, finte). Dalle possibili combinazioni è banale ottenere una classificazione bidimensionale in quattro gruppi.
Facciamo un esempio: si prenda Kubrick. Oppure Bernhard.
Classe 1: piace, falsamente. Classico caso di coloro che o non hanno mai visto un film del primo o letto un libro del secondo, ma ci tengono ad avere gusti ricercati. È anche il caso di coloro che, benché nel segreto del loro cuore nutrano una sincera avversione per quella lunga agonia di incomprensione rappresentata da ogni, per quanto breve, successione di fotogrammi o di pagine, si atteggiano a fini estimatori di un artista osannato da tutti gli intellettuali bene (perché esistono anche gli intellettuali non-bene). In questo caso gli elogi saranno sperticati e iperbolici. Geniale e divino, giusto per fare un paio di esempi.
Classe 2: non piace, senza consapevolezza. Si afferma che Kubrick non piace perché ci si dichiara orgogliosamente ignoranti e/o pop e non si capisce l'arte moderna. Similmente, Bernhard non piacerà perché come si possono leggere lunghi monologhi dove spesso i flussi di coscienza e le ripetizioni la fanno da padroni?, che noia. Un po' il soggetto se ne vanta, perché così ha la possibilità di darsi arie da persona che non si dà arie da intellettualoide. L'aver o il non aver visto (letto) qualche film (libro) del suddetto autore è condizione non necessaria, anzi, completamente ininfluente.
In genere gli appartenenti alle due classi citate passano con disinvoltura dall'una all'altra in base all'idea che si son fatti delle persone con le quali stanno parlando.
Classe 2 bis: non piace, falsamente. Tipico del regista (scrittore) invidioso. Caso molto raro nel complesso dell'umanità, relativamente frequente nell'ambiente degli addetti ai lavori.
Classe 3: piace, veramente e consapevolmente. Classico comportamento dell'esemplare Kubrick (e dell'esemplare Bernhard). Ma non solo.
Classe 4: non piace, veramente e consapevolmente.
Le ultime due classi, benché così diverse, godono della mia totale stima. Per appartenervi è necessario aver visto (letto) una percentuale significativa di film (libri) di K. (di B.). A quanto ammonti la percentuale significativa è un dato ancora da stabilire. Ad ogni modo, coloro che appartengono alle Classi 3 e 4 molto difficilmente cambieranno bandiera, anche qualora si trovassero a parlare con Kubrick (Bernhard) stesso. O con Muccino (Fabio Volo).
Potremmo finirla qui, con due semplici variabili su un piano. Volendo però si potrebbe introdurre una dimensione aggiuntiva, un asse lungo il quale considerare la volontà di argomentare il proprio giudizio. Si otterrebbero pertanto otto classi schematizzabili in un cubo nello spazio tridimensionale.
Per affinare ancora di più la categorizzazione si potrebbe aggiungere un'ulteriore variabile, questa volta sull'asse w, data dalla veemenza con la quale si difende la propria posizione. Ecco ottenuto un ipercubo di lato due, e una suddivisione in sedici classi.
E a colpi di potenze di 2 arrivare a coprire l'intera umanità.
Una classe a sé però va citata: quella degli accentratori. Trattasi di coloro i quali riportano qualsiasi interlocutore nel mezzo del quadrato, cubo, o ipercubo in cui ci si trovi. Sono quei soggetti con i quali qualsiasi discussione mi risulta così demotivante che torno all'origine 0, e non mi si estorcerà mai la minima opinione su alcunché.

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