venerdì 10 agosto 2012

Assente di me

Lo sapeva bene, Adeline Stephen, che quanto poco, tutto compreso, si può raccontare della propria vita. Eccomi seduto qui, lei è seduta lì; ambedue, non ne dubito, pieni zeppi delle più interessanti esperienze, idee, emozioni; eppure, come comunicare?, quindi se non mi viene spontaneo il comunicare non è per aristocratico distacco, o forse anche per un po' di quello, faccio fatica a mettermi a fuoco, ma è soprattutto perché, nonostante sappia che le differenze sono fonte di arricchimento, so anche che ad un certo punto il fondo cassa della diversità comincia a languire e non voglio parlare delle cose di cui parlano tutti, perché non mi interessano, e non mi si chieda se il motivo per cui non mi interessano è che ne parlano tutti, o se non sarebbe invece il caso di invertire il rapporto tra causa ed effetto, ammettendo l'evidenza che la circostanza per cui tutti parlano di un certo argomento sia sintomatica del fatto che quell'argomento non mi interessa, o meglio, non mi interessa più.
Quindi se vedi che mi trincero dietro al libro di turno, chiediti se non sia perché io con la solitudine mi trovo in discreta compagnia, dopodiché ragiona pure sul paradosso implicito, ma non pensare che io sia persona degna di confronto dialettico solo perché leggo, e qualora tu lo pensassi vedrò di fornirmi della sovraccoperta del libro della Clerici e di Vespa (dove il tutto è ancora una volta più della somma delle singole parti, nel senso che la sensazione di brutto che l'accoppiata mi risveglia è maggiore dell'unione delle analoghe reazioni che avrei pensando ai due separatamente. E non mi si dica che dovrei leggere la loro opera sperabilmente ultima prima di giudicare, perché so che dovrei farlo ma non lo farò) così penserai che leggo robaccia e mi lascerai stare. In realtà io so benissimo che non potrei mai farlo, che non ce la farei mai a farmi vedere in pubblico con certa produzione in mano, perché per quanto faccia l'indifferente e l'emancipata, alla fine devo sempre fronteggiare la consapevolezza che mi faccio condizionare da cosa staranno pensando.

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