mercoledì 18 settembre 2013

Il mio amico George (1)

Ero uscita con George a prendere un caffè al bar. Per chi non sapesse chi è George, beh, basti sapere che quando si è con lui non si può mai dire come andrà a finire. Ovviamente sto parlando della vita. George è uno a cui piace osservare le persone, ma non solo gli piace, il punto è che gli riesce con una naturalezza e un'acutezza che viene da chiedersi quante vite precedenti abbia vissuto e di quante di queste abbia memoria, per dimostrare di saper tratteggiare così rapidamente eppure con così tanta accuratezza chi gli stia attorno.
Ciascuno di noi due era assorto nei propri pensieri, tanto che un osservatore esterno avrebbe potuto credere che fossimo due estranei casualmente seduti al medesimo tavolino, il che sarebbe stato un errore madornale, dato che solo con chi ci è davvero vicino ci si può permettere di tacere e distrarsi. Improvvisamente George mi ha riportato alla realtà contingente invitandomi a osservare una coppia seduta un paio di tavolini più in là. Ha fatto tutto improvvisamente, limitandosi a dire: "Vedi un po', ha proprio sbagliato tutto. Tutto. E continua a sbagliare. Robe da alzarsi, andar lì e leggergli il libretto delle istruzioni". Credo che stesse parlando del libretto di istruzioni della vita.
Qual era il problema? Cercherò di riassumerlo nel migliore dei modi a me possibili. Forse era il compleanno di lei, o magari si era laureata da poco, non ha molta importanza, il fatto è che lui le stava dando un regalo, un pacchetto tirato fuori peraltro con un certo imbarazzo da parte di entrambi, ma fin qui non c'era nulla che si potesse rimproverare ad alcuno. Il problema era il contenuto del pacchetto: se fosse stato un libro, di nuovo, non ci sarebbe stato nulla di male. Ma quelli erano due libri.
La teoria di George era molto semplice: i libri in numero di due si regalano solo in circostanze eccezionali, talmente fuori dal comune che non gli veniva nemmeno un esempio di quali potessero essere queste circostanze. "Pensaci un po', che senso hanno due libri? Forse hai paura che uno sia troppo poco? Ma santo cielo, ti rendi conto dell'idiozia? Troppo poco in che senso? 'Eh, sai, Bartleby lo scrivano dura solo un centinaio di pagine, mi pareva pochino, quindi ti ho messo anche l'autobiografia di Alberto Tomba', capisci? O forse quei due ancora non si conoscono bene, e per aumentare le probabilità di azzeccare i gusti di lei, lui ha deciso di... Ma se non si conoscono bene allora perché regalarsi una cosa così intima come un libro? Ti ricordi che anche tu avevi segnato quella frase... Si amavano, quei due. Si regalavano libri. Sì, mi avevi prestato quel libro e poi mi sono accorto che avevi piegato l'angolo di quella pagina, dove anche io ero rimasto bloccato e ...".
Insomma, la filippica sembrava destinata a continuare su questo argomento ancora per un po', se non che ci siamo accorti entrambi che la situazione stava degenerando ulteriormente: lui le stava spiegando i libri. Va detto che eravamo i soli, dentro al bar, a parte una signora in soprabito bordeaux e cagnolino a riccioli, e che il volume della musica che passava la radio era molto basso. Di modo che potevamo sentire tranquillamente quasi ogni parola della conversazione di quei due. Lui non le stava raccontando le trame, peggio, stava spiegandole perché le aveva regalato proprio quei libri. George era esasperato. "Mio dio, se si conoscono è ovvio che lei capirà da sola il perché della scelta, una volta che comincerà a leggerli. E se non si conoscono... Senti, ti secca se usciamo? Comincia a starmi stretta".
Credo che parlasse della vita.

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