lunedì 14 gennaio 2013

Tertium datur.

Aprì velocemente la portiera dell'auto, gettò la ventiquattrore sul sedile del passeggero e, come sempre succedeva nelle giornate di pioggia torrenziale, si chiese quale fosse il metodo più efficace per cercare di bagnarsi il meno possibile: chiudere l'ombrello, buttarsi dentro l'auto con l'ombrello fradicio e tirare rapidamente la portiera, o piuttosto aprirla al massimo, sedersi allungando il braccio sinistro in fuori, a reggere l'ombrello aperto, aiutarsi con il destro per chiuderlo, sistemarlo dentro l'abitacolo infradiciandosi inevitabilmente le gambe, per poi finalmente chiudersi al sicuro dentro l'auto. Ma che importanza aveva, pensò infilandosi in tasca le chiavi in modo da non avere altri impicci in mano, dopotutto si era schizzato da solo calpestando nella fretta un paio di pozzanghere che si erano rivelate essere abbastanza profonde da inzuppargli scarpe e calze, un automobilista l'aveva inzaccherato passando a tutta velocità rasente il marciapiedi e, come se non bastasse, rifletté mentre indugiava con la mano sulla maniglia, il vento gli aveva rovesciato l'ombrello appena lui l'aveva aperto dopo essere uscito da sotto un portico affollato di gente lenta a muoversi, che lo intralciava nel suo tentativo di recuperare il tempo perduto in ufficio a sistemare le ultime pratiche. No, concluse, ormai una scelta o l'altra non avrebbe fatto la minima differenza. Richiuse la portiera e con essa l'ombrello, che sistemò nel baule, premette il pulsante di chiusura automatica di tutte le portiere, attraversò a piedi la strada e andò a prendersi un caffè al bar. Magari nel frattempo la pioggia sarebbe passata.

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