mercoledì 7 dicembre 2011

Who What When Where

Una frase che sento dire con regolarità a scadenza annuale da mia mamma in questo periodo è: "Mah, che anno... Non mi sembra neanche che sia Natale", pronunciata ovviamente con aria mesta e dimessa. A dir la verità, andando indietro con la memoria, fatico a ricordare il primo anno in cui non l'abbia detta. Un po', certo, mi dispiace per lei, ma devo ammettere che l'empatia non arriva alla simpatia: temo che la causa di questo ostacolo alla partecipazione sia dovuto al fatto che non riesco a focalizzare cosa ci si possa attendere dal Natale.
Voglio dire, uno che se ne esca con un "Che stagione balorda, non sembra neanche estate", ammesso che non sia un servizio del telegiornale, posso capirlo. Estate, ci si aspetta il solito scenario che per quel che mi riguarda mi fa dubitare del fatto che questo Pianeta sia davvero quanto di meglio per la sopravvivenza umana. Ma tralasciando i giudizi di un fototipo che si incenerisce al primo sole, direi che è chiaro cos'è che uno si immagina per l'estate. Idem per l'inverno e via così. Si potrebbe obiettare che non esistono più le stagioni, ma in quanto a questo ragionar sottile, lascio che siano i canuti frequentatori di sale d'attesa del medico a dare pareri scientifici più accreditati.
Tornando piuttosto al problema iniziale, mi chiedo, cos'è che uno si aspetta per il Natale? Purtroppo il Babbo te lo fregano prima che tu possa imparare a scrivergli da solo in modo comprensibile e decente una letterina come si deve. La neve? Una cometa di passaggio? Un re magio che suoni alla porta? Grazie, appoggi pure l'oro vicino al portaombrelli. Incenso e mirra ne abbiamo già due pacchi in dispensa.

Mi crea sempre un certo disagio non riuscire a entrare nel modo di ragionare di alcune persone. Non di tutte, chiaro, per quel che mi riguarda di fronte a certi sguardi vacui e/o a certi dialoghi/monologhi al limite della demenza non azzardo il minimo tentativo di carotaggio cerebrale.
Però ci sono alcuni soggetti che investigherei con il lanternino. Condizione non necessaria e nemmeno sufficiente è che li conosca.

Il fine settimana scorso ho fatto un viaggetto a Vienna. In realtà questo post avrebbe voluto essere un post di viaggio, ma non appena in procinto di mettermi a scrivere mi sono resa conto che l'immagine più forte che mi è rimasta in mente non aveva a che fare con il viaggio vero e proprio, ma con una persona che ho visto alla partenza. E così quello che avrebbe potuto essere un riassunto di piccoli, ameni episodi sta per diventare una riflessione noiosa e scontata, ma almeno metto le mani avanti. Per dirla con Wilde, chi vuole andare oltre lo fa a proprio rischio e pericolo.
Procederò con ordine.

Quando: venerdì scorso, otto di sera, in attesa del treno Venezia-Vienna.
Dove: bar-MacDonald's della stazione di Mestre.
Chi: R: ed io.
Cosa: stavamo cenando e meno male che si era in due, perché a cenare con questi "dove" e "quando" da soli non è che si rischi di slogarsi la mandibola per le risate. Mi accorgo che al tavolo a fianco al nostro c'è una ragazza dall'età indefinibile e dallo stato mentale altrettanto vago, evidentemente imbottita della chimica più maledettamente psicotropa. Canticchiava, si alzava, faceva due passi da funambola, si risedeva, e il tutto poteva ricominciare, per ripetersi indefinitamente.
Il fil rouge che mi ha portato fino a qui? Il fatto che avrei voluto capire cosa stava succedendo il quel cervello perché ci fosse un'anarchia così completa. Potrei rispondermi "Beh, leggiti al volo il teorema di uniformizzazione di Riemann e poi ne parliamo", ma per quello si tratta di pigrizia.
E così mi vedevo a osservarla senza volerla guardare, riproponendomi la domanda più scontata, fastidiosa e abusata dopo il "Come va?": la quinta W mancante. 

1 commento:

Leti ha detto...

Volevo fare un commento intelligentissimo.

Purtroppo, mi hai costretta a cercare la quinta W su wikipedia e mi sono distratta.