mercoledì 15 ottobre 2014

Neanche un ricordo

Ieri sera è passato George a trovarmi e, per farmi una sorpresa, si è presentato con uno splendido mazzo di tulipani. Con la disinvoltura che lo accompagna quasi costantemente, girava senza titubanze tra il soggiorno e la cucina di casa mia cercando e trovando il vaso adatto, riempiendolo d'acqua e sistemandovi in bell'ordine i fiori. In tutto questo, mentre si muoveva senza esitazione alcuna, quasi che fossero gli oggetti a chiamarlo, più che lui a cercare loro, si è messo a raccontarmi un piccolo episodio accadutogli quel giorno stesso, durante la sua pausa...
"...pranzo, mi era venuta voglia di un pezzo di pizza da mangiare in piedi, sai come all'università? Ecco, così, quindi sono andato nella pizzeria, sai quella vicina alla biblioteca?, e insomma ero lì che aspettavo che mi scaldassero il mio trancio quando mi ritrovo ad ascoltare un tizio che, in attesa come me, stava parlando al telefono con qualcuno. O meglio, qualcuna. Le stava imbastendo, e ti riporto testualmente quel che mi ricordo, un discorso che suonava come Sai, mi piacerebbe che la tua vita, intendo il tuo quotidiano, mi piacerebbe che non fosse così piena, così stipata e organizzata, in modo da poter sperare che ti rimarrebbe qualche momento vuoto per accorgerti, per sentirla, la mia mancanza. Perché, sai, temo che non te ne renderai nemmeno conto. E allora? Voglio dire, e se anche questa lei non dovesse sentirla, la mancanza di lui? Dimmi, credi che stesse davvero augurandole un briciolo di sofferenza causata da lui? Credi possibile che ci fosse una parte di lui così meschina?"
Per un attimo ho pensato di provare a contraddirlo spiegandogli che secondo me non si trattava di altro che di una sfumatura del bisogno comune di non venire dimenticati.
Ma conoscendolo mi avrebbe tirato fuori Foscolo e tutto il resto, quindi me ne sono stata ad ascoltarlo, guardando i miei tulipani freschi.

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