giovedì 11 aprile 2013

La rabbia e il mielestrazio

Oggi Gescher ci ha fatto sapere che ha intenzione di diventare una persona migliore, o una persona buona, non ho capito, non so neanche bene se le due cose si intersechino, se una includa l'altra, se si possa partire dall'assunto che Gescher sta usando migliore come comparativo assoluto a partire da buono, non so nemmeno quale sia la metrica per misurare se una persona è buona o meno, figuriamoci se riesco a stimare b(t)/t, dove b(t) sarebbe la bontà in funzione del tempo, senza contare il fatto che ignoro pure se questi incrementi siano infinitesimi o finiti, e se finiti e tra loro uguali, se ci sia un quanto minimo di miglioramento, se questo sia percepibile e se infine l'incremento possa procedere all'infinito o no. Tant'è, illuminato sulla via per Mestre, moderna Damasco, ora non perde occasione per farci presente che questo è il suo proposito, nonostante tutti si speri che stia scherzando, anche perché in caso contrario la nemesi di chi gli sta attorno potrebbe arrivare veloce e implacabile. Infatti quello scusarsi troppo spesso e quell'essere innaturalmente gentili (e lo dice una persona che una volta si è sentita dire che se avesse continuato a essere così servizievole non avrebbe mai fatto strada, e stavo solo tenendo la porta aperta a una collega, dato che è chiaro che la persona in questione ero io) mi ha fatto venire in mente due cose, o meglio, una cosa e una persona. La cosa è un sostantivo, mielestrazio, che prendo in prestito da Burgess, anzi, dalla traduzione italiana del suo Clockwork Orange, e che non credo richieda commenti. La seconda è una persona che, non a caso, a suo tempo avevo soprannominato pollyanna: si trattava di una cara, carissima ragazza, senza dubbio, uno di quei soggetti ai quali non esiterei a lasciare in custodia le mie chiavi di casa, ma la cui gentilezza costante e perenne aveva su di me effetti estenuanti e francamente irritanti. L'avevo conosciuta un'estate di qualche anno fa, lavoravamo nella stessa gelateria e, come facesse per me rimane un mistero, era sempre gentile con tutti i clienti, cosa che, va da sé, è (dovrebbe essere) richiesta a chi fa un lavoro di quel tipo, ma per come la vedo io la richiesta si esaurisce all'intervallo di tempo in cui il cliente è presente o al massimo è nel raggio dell'udibile. Dopodiché, se il cliente di cui sopra si ostina a chiedere cosa sia quel gusto bianco là in fondo, ignorando non solo l'evidenza secondo cui gli sarebbe sufficiente fare una mezza dozzina di passi per verificare con i propri occhi cosa c'è scritto sull'etichetta davanti alla vasca di gelato, ma anche il fatto che dalla posizione dove è lui, la direzione là in fondo si interseca con limone, banana, yogurt, fiordilatte e cocco, senza contare l'errore di parallasse, beh, in questo caso non appena ci si riesce a liberare del soggetto, è lecito, consigliabile, umano e catartico lasciarsi andare ai sacrosanti insulti. Lei invece no, manteneva il sorriso pollyannesco, e io la trovavo esasperante, ma credo non ci potesse fare nulla perché non faceva finta, era davvero così.
Viceversa Gescher si sta impegnando forzatamente e coscientemente per fare questa triste fine, non rendendosi conto che diventando migliore, o per lo meno migliore come sembra intendere lui la cosa, produce effetti così irritanti nel prossimo da far diventare peggiori gli altri.
Trovo che la cosa sia francamente egoista.

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