domenica 21 ottobre 2012

Che ne dirà Petronio?

Tempo fa consigliai a Napalm un film che consideravo (e considero) apprezzabilmente macchinoso e via via sempre più coinvolgente: è una sorta di matassa della quale a sprazzi si avverte la sensazione di aver trovato il bandolo, per poi ricadere nel dubbio sull'effettiva veridicità di quello che si era creduto di aver capito. E, ça va sans dire, non era un cinepanettone; trattavasi di Memento, di Nolan. Fatto sta, Napalm non riuscì a finirlo, anzi, ne guardò grosso modo una ventina scarsa di minuti e poi abbandonò l'impresa, adducendo come motivazioni il fatto che fosse (sic) noioso e lagnoso. Si potrebbe dire che de gustibus con quel che segue. E sia, diciamolo.
Dopo qualche settimana fu lo stesso Napalm a consigliarmi un'opera di Georges Méliès della quale, mea culpa, non conoscevo l'esistenza. Dopo averla vista, ma senza specificare se mi fosse piaciuta o meno, lo ringraziai per avermela fatta conoscere perché, a prescindere dall'opinione che poi me ne posso fare, mi piace sapere che un'opera esiste, mi piace poter dire di conoscerla. Non rileggerei mai On the road, l'ho trovato terribilmente pesante, eppure penso che vada conosciuto. La cosa è estremamente discutibile, qualcuno potrebbe obiettare che nel tempo speso a leggere (guardare, ascoltare, ...) un'opera che non fa per me, in quel tempo avrei potuto dedicarmi a qualche altra più sulle mie corde. Forse, ma allora resterei sempre sulle mie corde, per l'appunto, e sono corde che a volte trovo stantie.
Dicevo che, senza specificare se il film di Méliès mi fosse piaciuto o meno, ringraziai Napalm per avermelo fatto conoscere. La sua risposta fu qualcosa del tipo figurati, so di aver buon gusto. Ovviamente lasciai cadere la questione, ma devo confessare che trovo un po' ridicoli coloro che si autoeleggono arbitri di eleganza in quanto dotati di buon gusto. Dubito che la signora più larga che alta che si ostina a indossare degli improbabili leggins leopardati lo faccia per portare avanti la bandiera del cattivo gusto, piuttosto credo che nel momento di comprarli abbia pensato che potevano darle un look aggressivo, oppure le sia venuta in mente quella foto mistificatrice vista nell'ultimo Vanity Fair dove, addosso a una modella il cui peso è un ordine di grandezza inferiore a quello della signora in questione, anche i leggins leopardati assumono un cerco qual fascino.
Insomma, trovo che la frase io ho buon gusto sia del tutto inutile, se non addirittura smaccatamente sbagliata e sciocca, e a nulla serve ammorbidirla con un io credo di aver buon gusto. Siamo sempre noi che guardiamo a noi attraverso la distorsione innata e inevitabile che si associa all'autogiudizio.

E poi magari vien fuori che alla corte di Nerone si usavano le toghe leopardate.

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