giovedì 27 dicembre 2018

Heisenberg, Hollywood e il caffè

Chiacchiere impreviste davanti a un caffè cattivissimo (colpa mia o, Vostro Onore, a seguito di una più attenta analisi, colpa della guarnizione della moka).
Faccio fatica a capire certe persone, per quanto le osservi, butta lì DerBär.
La so, penso. Questa la so.
Fisica. È facile, è fisica: non posso guardare un fenomeno senza con questo perturbarlo. Semplicemente stando lì, semplicemente osservando. E devo tenerne conto, se voglio cercare di interpretare ciò che ho visto o sentito.
Fisica prestata alla psicologia. Psicologia da bar, ovvio, d'altronde la moka era andata, e il bar è sotto casa, meglio berlo lì in caffè, così mi sento legittimata a dire ciò che sto per dire: Posso osservare una persona senza perturbarne il comportamento?, gli chiedo.
Pensa a Heisenberg, come me, pure lui.
Io, abbastanza calma da capire la necessità di non sembrarlo del tutto, penso sì a Heisenberg, ma anche a Walt Disney, e a Hollywood tutta. A quella Hollywood che ci ha rovinati, intendo, a quella Hollywood che ci ha abituati a un mondo che non c'è, a un mondo in qui il nostro interlocutore capisce quando un Vai via significa Resta, per l'amor del cielo, resta, ma non è così che succede, mettiamoci una mano sulla coscienza, pochissimi di noi, in pochissime circostanze, a intersecare i pochissimi di noi con le pochissime circostanze resta un insieme quasi vuoto, pochissimi di noi in pochissime circostanze sanno capire quando un Vai via significa Resta, pochissimi, e qualcuno dovrebbe dirlo, avrebbe dovuto dirlo a Walt Disney e a Hollywood che illudendoci del contrario non ci fanno alcun bene, che dovrebbero insegnarci fin da piccoli che certe presenze sono praticamente assenze, che non dobbiamo osservare, ma da cui dobbiamo imparare a proteggerci.


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