domenica 22 aprile 2018

Oggi: vedi ieri

Alcuni potrebbero avere storie incredibili da raccontare. Alcuni occhi, dico, in foto. Storie per cui varrebbe la pena, magari, mettersi seduti ad ascoltare per ore. Capace che poi queste storie in verità non ci siano, nulla di più semplice, però li vedi, li guardi, e ti lasci convincere che non sia tutto lì. Sembrano promettere, ma in modo involontario, racconti come vicoli forse tortuosi da seguire per arrivare a qualcosa di più grande, non importa se bello o brutto; li vedi, li guardi, e vuoi sapere dove vanno a finire, quei vicoli. Alcuni occhi, benché bloccati nell'istante di un'immagine, sono così.
Altri non si portano appresso promesse altrettanto accattivanti, eppure qualcosa riescono sempre a comunicarlo: fosse anche solo l'impressione di ciò che passava in quell'attimo per la testa di chi ci è finito, nella foto, fosse anche solo il comunissimo disagio del muoviti a premere che mi sento un idiota, in posa.
Non è che ritenessi impossibile per due occhi non comunicare alcunché, semplicemente non mi ero mai messa a pensarci. Fino a che, distrattamente, sfogliandone alcune, trovai una foto a me nuova, ed era incredibile come in quel viso, nei suoi occhi, ciò che si leggeva, ciò che io leggevo, fosse niente. Non sto scrivendo per simboli o metafore, foto sta per foto, viso sta per viso; c'ero io, con una foto in mano, a fissare quel viso, che sorrideva, va detto, e guardava anche l'obiettivo, diligente, tutto come si conviene. Ma ciò che trasmetteva era niente: non uno slancio, un guizzo, una piccola ruga che suggerisse consapevolezza, interesse. Un accenno a un movimento, a una decisione, a qualcosa di nuovo, di diverso, a un piccolo cambiamento. Niente. Aveva una non espressione sulla quale tuttavia non riuscivo a evitare di fermarmi. Era solo una foto, era solo un viso in una foto, ma colmo di un tale vuoto che nemmeno
il vento
la polvere
il mondo 
l'oceano
immagino sarebbero mai riusciti a riempire.
Non sto scrivendo per simboli o metafore, voglio solo fissare il mio stupore nell'attimo in cui quell'immagine mi bloccò.
Ripensai alle uniche due volte in cui avevamo parlato. Guardai di nuovo la foto. Tanto in quei due dialoghi fortuiti quanto in quell'istantanea, la sua presenza era paradossalmente un'abituale e confortante assenza.

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