lunedì 13 marzo 2017

L'urgenza di raccontare

Aveva come un'urgenza di raccontare, di spiegarsi, di spiegare la propria storia a qualcuno e, al tempo stesso, a sé stesso. Un bisogno, umano, umanissimo, di essere capito. 
Sentito, per cominciare, e ascoltato. E capito.

Hanno caratteristiche comuni, coloro che vogliano parlare di sé, e non si può ascoltarli senza vederle. Lo sguardo che indugia sulle punte dei piedi, a cercare un filo narrativo a tratti logoro, le mani che tormentano uno scontrino o un bottone della giacca o che si tormentano da sole, le orecchie che a volte diventano rosse, giusto un poco, sulle punte.

E poi le frasi a metà, frasi che dovrebbero spiegare pensieri che tante volte ti sei detto, da solo, e che tu conosci così bene da trovarli ripetitivi, noiosi, e nell'urgenza salti da un'immagine a un'altra, da un ricordo a un altro, fino a non avere più chiaro perché ti trovi lì, a pensare a cose successe vent'anni fa, e a parlarne a un viso che non sbadiglia.

Annaspare tra le frasi che si rincorrono e accavallano, o lasciare che i ricordi riaffiorino, e abbandonarcisi.

Nessun commento: