martedì 21 marzo 2017

Beautiful vulnerability

Entra in camera, George, mentre sto preparando la valigia con la mente curiosamente leggera. Sta mangiando una rotella di liquirizia, svolgendola con calma, lo sguardo insolitamente assente. Anche per i suoi standard, intendo, che pure sono abbastanza alti.
"Un giorno, chissà se ti ricordi, mio papà mi disse che se non ci fossi stato io sarebbe andato via. Eravamo vicino al ciliegio. Avrò avuto dodici, forse tredici anni".
Sì che mi ricordo, c'ero anche io, vicino al ciliegio. Ma decido di fingere di non conoscere quell'episodio, in modo che sia lui a raccontarmelo, perché sembra che abbia voglia di parlarmene.
E invece non dice nulla, resta lì, con la spalla appoggiata allo stipite della porta, gli ultimi centimetri di liquirizia in mano, gli occhi fissi sulla gonna che ho appoggiato sul letto, ma sa il cielo cosa sta guardando, in realtà.

Ci sono cose che non capisco, ma che non per questo giudico meno belle. Ho ripreso ad ascoltare i R.E.M. da un paio di settimane a questa parte. Non so per quale motivo li avessi accantonati, tant'è, mi rendo conto che non li ho mai capiti, giuro, i loro testi spettinati, le loro frasi a metà, non le ho mai capite: non lo so cosa possa provare una carpa in un lago ghiacciato, o che senso abbia spingere un elefante per una rampa di scale, non lo so, ma ci sono stralci, immagini, espressioni che evocano qualcosa, che per un istante suggeriscono un flash che dura un niente, poi ritorno a non capire nulla, come se stessi ricomponendo i pezzi di un sogno che mi sembrava sensato e ragionevole, e invece erano macchie di ricordi sfilacciati, valla a trovare, una trama, però sono belli, questi stralci, queste immagini di contare, a una a una le ciglia di due occhi che dormano, di andarsene in giro tenendo in mano flowers in full bloom (come la dici, in italiano? Fiori in piena fioritura? Non va, non va), di stare in ozio, a cercare di dimenticarti, o di aver trovato un modo per farti sorridere.

Ci sono cose che non capisco. Non capisco perché George mi racconti quel ricordo, dopo vent'anni. Uno stralcio. Ma dopo averlo detto, anche lui, sorride.

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