giovedì 12 novembre 2015

Dropping softly behind

Quando indossavo i miei indispensabili occhiali non sopportavo il suo modo di offuscarmi le lenti rendendomi tutto più complicato.
Quando portavo i capelli lunghi mi infastidiva la sua velocità nel vanificare il mio paziente lavoro di piastra e lacca.
Non riuscirò mai ad abituarmici, pensavo.
Sbagliavo.
Adesso lascio che si unisca, come un terzo, onirico elemento, al piacere di immaginare di perdermi e alla mia totale assenza di senso dell'orientamento. La nebbia. Silenziosa come un animale, sia esso preda o predatore, si allunga sinuosa lasciando che sia il proprio grigiore a insinuarsi dove le sembra più opportuno, dove ci siano vuoti da riempire.
Al mattino è un galleggiare di coppie di fanali rossi sui cavalcavia sospesi su volute grigie, mentre è muta l'armonia del giorno. La sera è la dolce ipnosi delle strisce bianche, unico e debole indizio su quale debba essere la strada del ritorno.
Come Prufrock, la lascio strofinarsi la schiena contro i vetri. Senza osare disturbare l'universo.

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