venerdì 22 maggio 2015

Ti tolgo il sonno dagli occhi

Stavo passeggiando per le vie del centro, sbrigandomi per raggiungere il prima possibile la fermata del tram, dato che quelle che tappezzavano il cielo più che nuvole sembravano sinistre promesse sul punto di essere mantenute. Nell'aria elettrica si percepisce in modo particolare il desiderio di disintegrarsi in una nuvoletta di spire fosforescenti. O anche non fosforescenti, non farebbe alcuna differenza.
Forse era solo sonno, pensavo, forse avrei dovuto dormire di più, forse mi sarebbe servito togliermi il sonno dagli occhi.
Non mi piacciono i film di Bertolucci. Per carità, devo ammettere che ne ho visti solo tre, ma dopo quei tre ho realizzato che se avessi avuto di fronte il regista gli avrei fatto notare che gli avevo dedicato più o meno otto, otto!, ore della mia vita, e che a posteriori me ne stavo pentendo, ma chi me le avrebbe restituite, quelle otto ore? Ciononostante ero disposta a perdonarlo per una frase.
Una. Singola. Frase.
Ti tolgo il sonno dagli occhi, dice la protagonista di... Di uno dei tre film che ho visto, non ha importanza quale.
Me lo dico più o meno ogni mattina allo specchio, ti tolgo il sonno dagli occhi, ti tolgo il sonno dagli occhi, te lo tolgo, il sonno, e anche tutto il resto.
Stavo pensando a questo, mentre mi muovevo tra gli ombrelli che cominciavano ad aprirsi. A placare l'inquietudine del momento, come in un film, arrivò la musica di una fisarmonica, che suonava Speak softly love, e la suonava straordinariamente bene. Al diavolo il tram che avrei perso, al diavolo la pioggia che mi sarei presa, rimasi ad ascoltare l'uomo che la suonava fino a che non ebbe terminato il pezzo.
Al diavolo il sonno negli occhi.

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