domenica 31 maggio 2015

La complicata dolcezza del signor Endon

Si era affacciato al balcone che dava sulla piazzetta dalla quale, a quell'ora della sera, provenivano rumori di conclusione e di inizio: quello secco e definitivo delle saracinesche dei negozi che venivano abbassate, quello promettente delle prime chiacchiere e risate di coloro che cominciavano, in piccoli gruppetti destinati ad allargarsi, a rendere vive le ore che lo separavano dal riposo notturno. Si era affacciato, il signor Endon, ma non aveva sentito le voci della gente, né le saracinesche, e men che meno la musica che, proveniente dai diversi locali aperti, si mescolava fondendosi in risultati e ritmi improbabili.
Non le aveva sentite, perché il signor Endon soffriva da anni di una malattia che, così gli era stato spiegato, spesso si accompagnava a esiti inevitabili. Si potrebbe, a questo punto, essere portati a immaginarlo come una persona fisicamente provata, magari con la schiena curva, le gambe deboli e il colorito giallognolo. Niente di tutto ciò. Lo si sarebbe, anzi, potuto senz'altro definire un bell'uomo, dal sorriso aperto e dall'occhio acuto, perché la malattia che lo affliggeva non si accompagnava ad alcunché di evidente: nessuna emorragia, nessuna menomazione o esantema.
Soffriva, il signor Endon, di malinconia. Una malinconia idiopatica, si potrebbe dire, dato che lo coglieva senza preavviso e nei momenti più dissimili. E in quei momenti non aveva alcun senso aggrapparsi alla pazienza, alla filosofia, alla capacità di riflettere. In quei momenti si poteva solo accettare la presenza silente di questa compagna di solitudine.
Non aveva sentito i rumori provenienti dalla piazza, il signor Endon, perché affacciandosi al balcone aveva visto che a occidente cominciava a diffondersi un barlume roseo. E tanto era bastato.

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