lunedì 26 gennaio 2015

L'uomo che non deve chiedere mai

Più o meno innumerevoli e gravi sono le mancanze che sarei disposta a perdonare a qualcuno che sia in grado di farmi ridere, dai quadri appesi storti fino all'arbre magique alla vaniglia. A meno che...
A meno che non si stia parlando di una categoria di persone che mi inducono alla risata, loro malgrado, con la loro semplice apparenza. Chi sono costoro?
Stasera ero in palestra. Mi sono iscritta la settimana scorsa, scegliendo uno di quei pacchetti che vengono spacciati come davvero convenienti e imperdibili e con i quali si hanno in omaggio due e dico due lezioni con un personal trainer. Imperdibile. Conveniente. Entusiasmo.
E vabbè, insomma, io odio fare sala, star lì a guardare il timer di un tapis roulant che scorre o a ...dodici... contare quanti ...tredici... piegamenti ho fatto ...ero a dodici o a otto? non mi esalta e credo non mi esalterà mai. Ma se c'ho 'ste due ore da fare col personal trainer, crepi la pigrizia, facciamole, sia mai che stavolta mi piglio bene e scopro il mio lato di criceto che si diverte a correre dentro la ruota.
Ecco. Sto per rispondere al Chi sono costoro? temporaneamente lasciato in sospeso.
Mi si para davanti un tipo grosso, ma grosso grosso, ma grosso nel senso di gonfio, di quelli fatti a triangolo capovolto (sia che li si guardi di fronte, sia che li si guardi di profilo), e poveretto, lui non lo poteva mica sapere che io sono cresciuta a pane e tanti, tanti, ma tanti luoghi comuni: lo so che è un ragionamento estremamente meschino e provinciale quello che spinge a pensare che la somma dei volumi del cervello e dei bicipiti brachiali sia una costante, ma non riesco a impedire alla mie testolina di formularlo ogni volta che vedo maniche corte con le cuciture disperatamente straziate e sull'orlo della lacerazione, ostentate con una sicurezza che... che...
Che a me instilla tanta voglia di ridere.
E, accidenti a me, un sentito facepalm.

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